21enne rischiava una condanna a 99 anni di prigione, un selfie lo ha salvato
Un ragazzi rischiava 99 anni di carcere per un crimine che non aveva commesso.
Christopher Precopia, 21 anni, era rimasto scioccato e perplesso quando gli agenti di polizia sono giunti nel suo luogo di lavoro per arrestarlo per furto con scasso con l’intento di commettere altri crimini. Se fosse stato giudicato colpevole, per tali accuse avrebbero potuto rischiare una condanna all’ergastolo.
Christopher, infatti, lavora in un deposito di legname a Georgetown (Stati Uniti d’America) ed è lì che i poliziotti lo hanno preso in custodia, dandogli poche informazioni sul motivo per cui avevano deciso di mettergli le manette.
Quando Christopher ha provato a saperne di più, gli è stato detto: “Non comportarti come se non lo sapessi”. La confusione nel ragazzo è aumentata quando gli agenti gli comunicarono che avevano un mandato d’arresto per qualcosa che aveva commesso nella contea di Bell, dove non era mai stato.
Condotto alla prigione della contea di Williamstown, il 21enne ha trascorso oltre un giorno in ecella ed è stato rilasciato soltanto dopo che i suoi genitori hanno pagato una cauzione da 150mila dollari (circa 130mila euro), una somma ottenuta da un prestito. Il padre e la madre di Christopher, inoltre, hanno speso altre migliaia di dollari per assicurare al figlio un legale.
“Non avevo idea chi fosse stato ad accusarmi. Avevo paura da quello che mi sarebbe potuto accadere il giorno dopo. Dormivo con la speranza di non svegliarmi, o meglio di farlo solo per scappare via da lì”, ha raccontato alla stampa locale.
Si è poi scoperto che la sua ex fidanzata ai tempi del liceo aveva accusato falsamente il ragazzo di irruzione in casa sua. La ragazza aveva raccontato che Jonathan l’aveva prima spinta a terra, poi presa a pugni e, infine, l’aveva tagliata facendo un segno a forma di X sopra il suo petto usando un taglierino.
L’identità dell’ex-fidanzata non è stata resa pubblica perché, per il momento, non è accusata di aver commesso alcun crimine. Jonathan, però, non si trovava nei paraggi del luogo dell’agressione nel giorno rivelato dalla ragazza, cioè il 20 settembre 2017. E, per dimostrarlo, c’era un selfie scattato con la madre, Erin, in un albergo di Austin, a 100 chilometri circa dalla scena del presunto crimine. Il ragazzo, tra l’altro, aveva condiviso il selfie sui social media alle 19.02, ovvero 18 minuti prima dall’ora in cui avrebbe aggredito l’ex fidanzata.
Insomma, grazie a quel selfie pubblicato sui social, Jonathan ha avuto l’alibi di ferro che lo ha scagionato dalle accuse e dal rischio di trascorrere tutto il resto della sua vita in prigione. L’ex ragazza ha poi confessato di essersi inventata tutto come vendetta per una relazione finita da anni.