Pina Orlando, la mamma che si è gettata con le gemelline nel Tevere. Dopo un anno parla il medico.
Pina Orlando, la mamma che si è gettata con le gemelline nel Tevere. Dopo un anno, il primario dell'ospedale decide di parlare. Ecco cosa ha detto.
La vicenda risale a quasi un anno fa, al mese di dicembre dello scorso 2018. La sua storia ha scosso tutto il paese e vive ancora nelle menti degli italiani. Pina Orlando era una neo-mamma di due gemelline nate premature, che si è arresa alla vita e si è gettata nel Tevere, dal ponte Testaccio, insieme alle sue figlie.
Per diversi anni, Pina ha cercato di rimanere incinta, senza mai riuscirci, così ha deciso di ricorrere alla procreazione assistita. Grazie a quest’ultima, il suo sogno si è avverato, ma l’esperienza l’ha segnata per la vita.
Benedetta e Sara sono nate prima del termine. Sono nate premature e sono state ricoverate in ospedale per molto tempo.
Un periodo difficile e doloroso per i loro genitori, che pregavano giorno dopo giorno, affinché le loro bambine riuscissero a sopravvivere. I medici li avevano informati che c’era la possibilità che avrebbero riportato danni permanenti.
La maternità era la cosa che Pina desiderava più al mondo, ma alla fine si è trasformata nel suo incubo. Nessuno aveva individuato in lei alcun tipo di disturbo dopo il parto e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che si sarebbe buttata da quel ponte.
Adesso, a distanza di un anno, il primario della terapia intensiva, dove le bambine erano ricoverate, Giovanni Vento, ha deciso di parlare e di confessare quanto quella vicenda gli abbia insegnato e come, a distanza di tempo, è ancora lì, nella sua mente e nel suo cuore:
“Quando un bambino muore, esaminiamo subito l’intero percorso di cura per capire se abbiamo commesso un errore o sottovalutato una situazione critica. Gli psicologi e lo psichiatra non avevano individuato in quella donna segnali di rischio. Noi neonatologi, fin dalla nascita delle gemelline, avevamo però allertato gli psicologi perché Pina nel parto aveva perso un terzo gemello e ne era uscita scossa. Però non aveva voluto ricorrere al sostegno offerto”
“La fragilità di madri e padri provati dall’esperienza di un bimbo nato prematuro, che potrebbe non sopravvivere, deve essere intercettata spontaneamente. Nessuno di loro verrà a dirti che ha bisogno. Noi medici dobbiamo parlare di più con i familiari e non solo quando sono loro a chiederci notizie. Il dialogo deve essere continuo. Dobbiamo vivere le loro emozioni momento per momento. Il neonato è un esserino speciale. Compie progressi molto lentamente e all’improvviso regredisce”.