Perché il movimento delle Sardine si chiama così
Perché il movimento delle Sardine si chiama così? Se ve lo siete mai chiesto, ecco spiegato il motivo della scelta
Il movimento delle sardine perché si chiama così? Perché gli ideatori di un flash mob che sta contagiando tutta l’Italia per combattere populismo, razzismo e neo fascismo hanno scelto proprio questi pesciolini tra tanti animali presenti al mondo che avevano a disposizione? Vi spieghiamo tutto quello che c’è da sapere.
Le sardine sono apparse nelle nostre piazze per la prima volta il 14 novembre a Bologna, in piazza Maggiore, dove 15mila persone si sono presentate per protestare contro la campagna elettorale di Salvini in Emilia Romagna. Oggi si contano movimenti delle sardine e proteste di piazza un po’ dappertutto nel nostro paese.
Mattia Santori, 32enne che ha dato vita al primo flash mob di Bologna, spiega il perché di questo nome. L’idea è sua e degli altri organizzatori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti, che speravano di radunare in piazza così tanta gente da dover stare stretti come le sardine. Gli ideatori hanno poi chiesto a tutti di disegnare delle sardine sui cartoni e di andare in piazza per dare il buon esempio e combattere populismo e odio.
Le sardine sono un animale semplice, piccolo, indifeso, che si spostano insieme per creare una massa di persone in grado di protestare anche contro chi è più forte. E difendersi, così.
Manifesto delle Sardine
I numeri valgono più della propaganda e delle fake news, per questo dobbiamo essere in tanti e far sapere alle persone che la pensano come noi che esiste questo gruppo;
2. È possibile cambiare l’inerzia di una retorica populista. Come? Utilizzando arte, bellezza, non violenza, creatività e ascolto;
3. La testa viene prima della pancia, o meglio, le emozioni vanno allineate al pensiero critico;
4. Le persone vengono prima degli account social. Perché? Perché sappiamo di essere persone reali, con facoltà di pensiero e azione. La piazza è parte del mondo reale ed è lì che vogliamo tornare;
5. Protagonista è la piazza, non gli organizzatori. Crediamo nella partecipazione;
6. Nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza. Siamo inclusivi;
7. Non siamo soli ma parte di relazioni umane. Mettiamoci in rete;
8. Siamo vulnerabili e accettiamo la commozione nello spettro delle emozioni possibili, nonché necessarie. Siamo empatici;
9. Le azioni mosse da interessi sono rispettabili, quelle fondate su gratuità e generosità degne di ammirazione. Riconoscere negli occhi degli altri, in una piazza, i propri valori, è un fatto intimo ma Rivoluzionario;
10. Se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare. Occorrono speranza e coraggio.