Matrimonio o convivenza? Cosa scegliere senza entrare nel panico
Matrimonio o convivenza, ecco come scegliere
Matrimonio o convivenza, cosa scegliere tra i due? Quando le cose iniziano a farsi serie in una coppia, è normale cercare di progettare una vita insieme. Anche a lungo termine. Andare semplicemente a vivere insieme o organizzare le nozze? Questo sì che è un bel dilemma.
Scegliere tra matrimonio e convivenza può non essere così semplice come potrebbe sembrare. Anche perché a prima vista sembrano la stessa identica cosa, a differenza del fatto che in un caso si celebra un rito, civile o religioso, mentre nell’altro si sceglie di vivere sotto lo stesso tetto senza nessun “contratto“.
In realtà stiamo parlando di due condizioni profondamente diverse. Spesso le coppie scoppiano per divergenze legate proprio a queste tematiche. C’è chi sa già che prima o poi vorrà vedersi con la fede al dito, dopo una festa alla presenza di amici cari e parenti, e chi invece non ne vuole proprio sentire parlare. I problemi sorgono quando nella coppia le posizioni sono così distanti, da non riuscire a trovare un punto d’accordo.
Nella maggior parte dei casi non ci sono problemi di scelta, dal momento che i partner viaggiano sulla stessa linea d’onda anche per quello che riguarda la costruzione a lungo termine del rapporto. In altri casi, invece, ci potrebbe essere molto da discutere. Anche perché nessuno dei diretti interessati è pronto a cedere su una scelta che considera fondamentale. Ma cosa cambia tra l’essere sposati e andare a convivere? Quali i vantaggi fiscali? E cosa succede se ci sono dei figli nati dalla coppia o se la coppia scoppia?
Matrimonio o convivenza, le differenze per la coppia
Le differenze principali tra lo status di coppia sposata e lo status di coppia convivente sono sancite dalla legge italiana. Che purtroppo tutela di più chi è sposato, rispetto a chi va a convivere. Le cosiddette coppie di fatto hanno meno diritti e la legislazione prevede anche meno doveri. Eppure sempre più coppie scelgono la strada della convivenza, piuttosto che del matrimonio. Anche per evitare feste costose e tutta la burocrazia che a volte rischia di rovinare il giorno più bello della vita.
La convivenza è vista come più libera, una condizione che propone meno vincoli e che rende la coppia più libera. Ma oltre alle scelte personali che possono condurre verso una strada o verso un’altra, ci sono altre considerazioni che si devono prendere per capire qual è la strada migliore. Ad esempio, in caso di acquisto di beni la coppia sposata fa riferimento a quello previsto dalla comunione o separazione dei beni scelta in sede di matrimonio, mentre i conviventi devono fare un atto di convivenza. In caso di morte del partner, chi convive deve per forza fare testamento se vuole lasciare la sua eredità all’amore di una vita, cosa che non serve per le coppie sposate.
E le cose un po’ si complicano nel caso in cui uno dei due partner dovesse sentirsi male. In ospedale chi è convivente potrebbe avere difficoltà ad assistere il malato, se privo di una delega. Mentre in caso di matrimonio non ci sono problemi a stare accanto alla persona che ha bisogno di cure. Se, poi, uno dei partner non partecipa alle spese della famiglia, se sposati può essere perseguibili, se conviventi no (solo verso i figli, non verso l’altro partner).
Il Decreto Cirinnà ha cercato di porre rimedio a queste differenze per equiparare le due condizioni. Ma la strada è ancora molto lunga.
Matrimonio o convivenza, le differenze per i figli
C’è ancora chi pensa che i genitori non sposati stiano facendo un torto ai loro figli. Quando invece non c’è nessuna differenza tra i figli nati da una coppia sposata e i figli nati da una coppia convivente. I diritti, ovviamente, sono esattamente gli stessi. Dal 2012, grazie alla legge 219 del 10 dicembre, non ci sono più differenze tra figli legittimi e figli naturali nati fuori da un rapporto di matrimonio. Il Decreto legislativo 154 del 2013 ha confermato questa scelta giuridica, stabilendo che lo stato dei figli conviventi è lo stesso dei figli nati in un matrimonio. Questo perché la scelta di convivere o sposarsi riguarda solo i partner, mentre per i figli la situazione è un’altra. Hanno tutti gli stessi diritti.
Tutti hanno lo stesso status giuridico. Ad esempio anche per quello che riguarda il grado di parentela con le rispettive famiglie di mamma e papà. Se i genitori dovessero venire a mancare e i minori finissero in adozione, i nonni sono chiamati a prendersi cura di loro. E in caso di separazione spetta a un giudice stabilire la custodia e gli assegni di mantenimento, con gli stessi diritti e doveri.
Infatti, se i figli hanno gli stessi diritti, sia se nati in seguito a matrimonio o a convivenza dei genitori, mamma e papà hanno gli stessi doveri nei loro confronti. Anche in caso di separazione e divorzio e non solo quando vivono sotto lo stesso tetto i genitori devono mantenere, educare, istruire i figli.
Vantaggi fiscali
Parliamo ora dal punto di vista economico. Perché bisogna prendere in considerazione ogni aspetto quando si sta per prendere una decisione così importante. Dal punto di vista fiscale, conviene sposarsi o convivere? Chi ha scelto questa seconda strada sa benissimo che fiscalmente parlando la convivenza è migliore del matrimonio. Perché si può accedere a molti più incentivi e bonus, dal momento che, non essendo sposati, i redditi dei due partner non si cumulano ai fini del calcolo ISEE. Che inevitabilmente sarà più basso rispetto a quello di una coppia sposata. Quindi le coppie conviventi hanno un ISEE più basso e possono accedere a misure di sostegno, bonus bebè e altri incentivi, a cui spesso le coppie sposate non possono accedere proprio per il cumulo dei redditi.
Un altro vantaggio è rappresentato dagli assegni famigliari o dall’esonero del pagamento del ticket sanitario per le prestazioni mediche dei figli. Anche per questo motivo, oltre che per valutazioni personali, molte coppie con figli scelgono di andare a convivere e non di sposarsi. Perché il risparmio è decisamente notevole.
Cosa succede in caso di separazione
In caso di separazione delle coppie di fatto o di divorzio per le coppie sposate, cosa cambia per i coniugi e per i figli? Per questi ultimi, come abbiamo sottolineato precedentemente, non cambia sostanzialmente nulla. A essere diversa è la posizione dei partner. Se la convivenza finisce, proprio come per il matrimonio, l’affidamento dei figli viene stabilita in base all’interesse del minore ed è il Tribunale dei Minori a decidere. Il genitore non affidatario deve contribuire al mantenimento del figlio, anche dopo la separazione.
Al partner, però, non spetta niente se stiamo parlando di una coppia di fatto, quindi convivente. Anche se la legge Cirinnà ha cambiato giustamente le carte in tavola. E ora uno dei partner, se versa in stato di bisogno, può chiedere a un giudice il versamento degli alimenti, ma non il mantenimento. Anche per le coppie sposate spetta al giudice stabilire se uno dei due partner ha bisogno anche di un aiuto economico o meno. Aiuto che ai figli non deve mai venire a mancare, dal momento che il loro status di diritto è assolutamente equiparato in ogni caso. Perché le scelte dei genitori non devono ricadere sul futuro dei bambini. Ed è giusto che sia così.