Strage del Mottarone, giudice ordina la scarcerazione degli indagati
Perché il giudice lo ha deciso?
Il giudice ha ordinato la scarcerazione degli indagati della strage di Mottarone. Una decisione presa a sorpresa, che lascia tutti quanti senza parole, in particolare i famigliari delle vittime, che piangono le 14 persone morte nel terribile impatto. L’unico superstite è un bambino di soli 5 anni che ha perso i genitori, il fratellino e i nonni materni.
Il gestore dell’impianto della funivia Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio hanno lasciato il carcere di Verbania dopo essere stati incarcerati per la morte di 14 persone presenti all’interno della cabina della funivia del Mottarone precipitata sulla montagna.
Gabriele Tadini, invece, non ha ottenuto lo stesso trattamento. Il capo servizio rimane l’unica persona che ha ammesso di aver manomesso il sistema di frenata di sicurezza. Fatto che ha provocato l’incidente dopo la rottura della fune. Per lui bastano i domiciliari.
Il gip Donatella Banci Buonamici, dopo una giornata di interrogatori condotti all’interno delle indagini per la tragedia che si è consumata una settimana fa, ha stabilito di scarcerare due degli accusati, mantenendo ai domiciliari il terzo indagato.
Secondo il giudice non risulterebbero per i due indagati accusati dal capo servizio indizi per una misura cautelare, in carcere o al loro domicilio. Per lei è palese “la totale mancanza di indizi che non siano mere, anche suggestive supposizioni”.
Strage del Mottarone, una decisione che fa discutere
Le indagini vanno comunque avanti, nonostante l’ordinanza del giudice che non ha convalidato il fermo e rimesso in libertà due indagati che devono comunque rispondere di reati come omicidio colposo plurimo.
Mentre Tadini rimane ai domiciliari. Le sue accuse contro Nerini e Perocchio non sarebbero credibili: “sapeva perfettamente che il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone“.
Tadini sapeva che sarebbe stato chiamato a rispondere, anche e soprattutto in termini civili del disastro causato in termini di perdita di vite umane. Allora perché non condividere questo immane peso, anche economico, con le uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni?