Christian Menin morto in piscina: mamma e papà del bambino di 6 anni a processo
Sapevano che il figlio non sapeva nuotare
Per il caso di Christian Menin, morto in piscina annegato a soli 6 anni e mezzo, anche la sua mamma e il suo papà dovranno andare a processo e presentarsi davanti ai giudici. I genitori, infatti, erano consapevoli del fatto che il figlioletto non sapesse nuotare e secondo l’accusa, nonostante ciò, lo avrebbero lasciato solo in piscina.
La Procura ha mandato ha chiesto di mandare a processo cinque persone, tra cui anche i genitori. Persone ritenute dall’accusa responsabili della morte del bambino, morto il 9 agosto dell’anno scorso in una piscina in provincia di Padova.
Secondo quanto ricostruito nell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Roberto D’Angelo, titolare del fascicolo, i genitori avevano perso di vista il bambino. Che nemmeno i due bagnini presenti nella struttura balneare avrebbero tenuto sotto controllo, come invece avrebbero dovuto fare.
Le persone che dovranno presentarsi davanti ai giudici per l’udienza preliminare fissata per il prossimo 16 maggio 2022, davanti al Gup Maria Luisa Materia, devono rispondere dell’accusa di omicidio colposo.
Gli indagati che andranno a processo sono il padre di Christian, Emanuele Menin di 31 anni, la moglie nonché mamma del piccolo, Lisa Toniato di 26 anni (entrambi residenti a Limena). Ma anche la 41enne Michela Campana di Bassano del Grappa, amministratore unico e legale rappresentate della società Conca Verde Piscine gestore dell’impianto comunale natatorio di San Pietro in Gu. E insieme a loro il responsabile dei bagnini Diego Poletto, 43 anni di Bassano del Grappa, e la bagnina Maya Serraglio di 22 anni che vive a Bressanvido in provincia di Vicenza.
Christian Menin morto in piscina: 5 interminabili minuti prima di rianimarlo
L’accusa sostiene anche che prima dei tentativi di rianimazione del bambino fossero trascorsi 5 interminabili minuti. Se i soccorsi avessero agito tempestivamente forse il piccolo avrebbe avuto più chance di salvarsi.
Sempre l’accusa sostiene che i genitori avevano lasciato solo vicino alla piscina il figlio dove l’acqua è profonda dai 110 ai 120 cm. Pur sapendo che non sapeva nuotare e non dandogli dei dispositivi di salvataggio.