Maurizio Schillaci, da calciatore di serie A a clochard che dorme in auto
Negli anni 90, qualcuno diceva di lui che era addirittura più forte del cugino Totò, poi, l'inferno: la storia di Maurizio Schillaci
Dalle stelle, alle stalle. Quello di Maurizio Schillaci è davvero l’esempio perfetto per rappresentare il proverbio. Dalla standing ovation allo stadio Olimpico, fino a dormire in strada, con solo il suo fedele cagnolino al fianco. Il commovente e arrabbiato racconto dell’ex calciatore, oggi clochard.
Quando era solo un bambino, il futuro sembrava poter essere assolutamente roseo e proficuo per Maurizio Schillaci, cugino di Totò, l’attaccante della nazionale italiana durante i campionati mondiali italiani del 1990.
Aveva esordito alle giovanili del suo Palermo quando aveva solo 17 anni e grazie al suo talento era anche riuscito a fare carriera. Dopo una greve esperienza al Rimini Calcio a volerlo fortemente in squadra, al Licata, era stato fortemente voluto niente meno che Zdenek Zeman.
Con l’allenatore cecoslovacco in panchina, Maurizio aveva disputato ben 66 presenze tra serie C2 e serie C1, siglando anche 22 reti. Prestazioni che avevano catturato le attenzioni della Lazio, squadra con la quale lo stesso Schillaci ha coronato finalmente il suo sogno di giocare in Serie A.
Proprio dove e quando doveva iniziare la sua carriera stellare, però, è iniziata la sua discesa verso l’inferno.
La triste storia di Maurizio Schillaci
Complice alcuni problemi fisici, la scalata al successo di Maurizio si è arrestata e, anzi, è iniziata la sua discesa nel fallimento più totale. Ma la colpa, come spiega lui stesso a Il Corriere della Sera, non è stata del tutto sua.
I medici sociali mi hanno rovinato. Secondo loro ero un malato immaginario, un siciliano senza carattere. Questo, dopo tanti anni, ancora non mi va giù. Dicevano che non avevo voglia di giocare, la realtà è che avevo lo scafoide del piede destro lesionato e in necrosi. Per un anno ho continuato a dire che stavo male, ma nessuno mi credeva. Alla fine per farmi fare finalmente una stratigrafia ho dovuto attendere il mio successivo trasferimento al Messina, in Serie B.
Dopo aver concluso la carriera, nel 1993 a Licata, la vita di Maurizio è andata sempre peggio.
Finché giochi tutti ti amano, ma quando smetti ti ritrovi da solo. È il vuoto.
Maurizio ha perso contatti con tutti, comprese le due figlie e il celebre cugino Totò. Il dolore e la solitudine lo hanno portato anche ad intraprendere strade oscure e a vivere in strada, da solo con il suo cane Jhonny.
Oggi Maurizio ha 60 anni. Non vive più nella sua panda e un amico gli ha dato un piccolo appartamento in affitto. Tuttavia, non lavora. Perché come dice lui: “Ho giocato solo a pallone. Chi mi assumerebbe mai?“.
Del calcio non vuole più saperne:
Mi ha dato tanto ma mi ha tolto ancora di più. Per questo ora non lo guardo, me ne sono distaccato radicalmente.