Molly Russel si è tolta la vita a soli 14 anni: “Il medico legale da la colpa ai social network”
Sarebbe morta per colpa dei social network, a soli 14 anni. Questa è la causa del decesso scritta dal medico legale sul caso di Molly Russel
La storia di Molly Russel, 14enne del Regno Unito, ha fatto il giro del mondo. Per la prima volta, il medico legale che ha eseguito l’autopsia sul suo corpo senza vita, ha citato i social network tra le cause del decesso.
Sulla relazione consegnata agli inquirenti si legge:
Risucchiata in un vortice di immagini, video e testi riguardanti autolesionismo, suicidio o comunque di natura negativa o deprimente… alcuni dei quali sono stati selezionati e forniti automaticamente dagli algoritmi senza che Molly li cercasse.
Molly Russel si è tolta la vita a soli 14 anni. Dopo le indagini, che le forze dell’ordine hanno portato avanti per capire le motivazioni che l’avevano portata a compiere un gesto tanto disperato, è emerso che più volte aveva interagito con post “pericolosi” attraverso i suoi profili social. Post che, evidentemente, sono riusciti a prendere possesso della sua mente.
La ragazza si era ritrovata in un vortice di depressione e il mondo del web ha avuto effetti ancora più negativi sul suo stato di salute.
Molly Russel: chiuso il caso della 14enne
Lo scorso venerdì, dopo anni di indagini, il suo caso è stato definitivamente chiuso. Nel suo fascicolo, il coroner Andrew Walker ha scritto:
Morte avvenuta per atto di autolesionismo mentre soffriva di depressione e degli effetti negativi dei contenuti online. Sembrava una ragazza normale e sana che andava bene a scuola, essendosi ambientata bene nella vita della scuola secondaria e mostrava un interesse entusiasta per le arti dello spettacolo. Tuttavia, Molly era diventata depressa, una condizione comune che colpisce i ragazzi di questa età. Una condizione che poi è peggiorata. Molly si è iscritta a numerosi siti online che consentivano l’accesso a contenuti per adulti anche se non avrebbero dovuto essere visibili a una 14enne.
Ma non è tutto, secondo le forze dell’ordine, dopo che Molly ha cercato post di quel genere, l’algoritmo del web e dei social ha continuato a mostrarle contenuti suggeriti sullo stesso argomento. La 14enne aveva in continuazione davanti a se post che la istigavano a togliersi la vita, senza che nemmeno li cercasse più.
È probabile che il materiale visto da Molly, già affetta da una malattia depressiva e vulnerabile a causa della sua età, abbia influito negativamente sulla sua salute mentale e abbia contribuito alla sua morte in modo più che minimo.
Il papà di Molly ha voluto diffondere la sua storia in tutto il mondo, per allarmare quanti più genitori possibili.
È ora di proteggere i nostri giovani innocenti invece di consentire alle piattaforme social di dare la priorità ai loro profitti monetizzando il bisogno dei bambini.