Arrivata la condanna per i 4 responsabili della morte di Maurizio Cerrato: 23 anni di reclusione
Le 4 persone che hanno ucciso Maurizio Cerrato, il papà che ha difeso la figlia, sono state condannate a 23 anni di reclusione
Arrivata la condanna per i responsabili del decesso di Maurizio Cerrato, il papà che ha perso la vita per difendere sua figlia. La vicenda risale all’aprile del 2021.
La ragazza aveva discusso con i quattro condannati per via di un parcheggio, occupato abusivamente con una sedia. Il papà Maurizio Cerrato, 61 anni, era sceso per capire cosa stesse accadendo e per placare le acque.
Aveva parcheggiato la macchina e si era poi ritrovata le gomme tagliate. Subito era nata una discussione con quelle quattro persone, che l’avevano aggredita. Maurizio Cerrato aveva raggiunto la figlia, per placare i toni e poi aveva spostato la macchina, in attesa di farla riparare. Ma era stato raggiunto in quel parcheggio privato e aggredito. Brutalmente picchiato e alla fine accoltellato.
Un fendente dritto al cuore, che non gli ha lasciato scampo. Il 61enne è stato trasportato con immediata urgenza all’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia, dove purtroppo si è spento poco dopo.
A distanza di due anni, è arrivata la condanna per i 4 responsabili.
Il sostituto procuratore aveva chiesto l’ergastolo, ma il giudice li ha condannati a 23 anni di reclusione per aver spezzato la vita di un padre di famiglia.
Il racconto della figlia di Maurizio Cerrato
Scene da film dell’orrore, non avevo mai visto cose del genere. Cominciò a picchiarmi e mi difesi come potevo. La sorella di Giorgio, intento in quel momento in una colluttazione con mio padre, mi colpì ripetutamente al volto e alle gambe. Tanto che i giorni successivi a stento riuscivo a muovermi dal letto. I colpi sono stati talmente gravi che ho dovuto ricorrere all’operazione del setto nasale. Un intervento del quale porto ancora i segni.
Mio padre, accortosi del pericolo imminente, mi disse Adriana sali in auto e scappa. Tentò di parlare con Domenico Scaramella, ma lui lo afferrò con un braccio e fu accerchiato dagli altri. Poco dopo si è accasciato al suolo. Io e Marco Salvi l’abbiamo caricato in auto portandolo prima all’ospedale di Boscotrecase e poi a Castellammare. Ma non c’era più nulla da fare.