Per la prima volta in aula il padre di Saman Abbas: le dichiarazioni di Shabbar e del suo legale
Arrivato in italia dopo mesi e mesi, il padre di Saman Abbas continua a dichiararsi innocente e a chiedere giustizia per sua figlia
Dopo l’arrivo in Italia, per la prima volta, il padre di Saman Abbas è comparso nel tribunale di Reggio Emilia, durante il processo in cui è accusato di aver messo fine alla vita della figlia diciottenne.
L’uomo continua a ribadire di essere innocente e di volere giustizia per quanto accaduto a Saman Abbas. Ha testimoniato di essere arrivato in Pakistan insieme alla moglie Nazia e ha smentito le accuse di non aver mai programmato un ritorno in Italia. La polizia si è presentata a casa sua mentre lui si trovava fuori dall’abitazione, in un campo e la moglie all’interno della casa. Da quel momento avrebbe perso ogni contatto con la madre di sua figlia e con qualsiasi altro membro della sua famiglia. Nazia è l’unica ancora latitante.
Le parole del legale del padre di Saman Abbas
L’avvocato della difesa, Simone Servillo, lo ha definito un uomo che è stato giudicato come un mostro, ma che ha perso sua figlia e chiede solo che giustizia venga fatta:
Lo avete dipinto come un mostro, è solo un padre a cui hanno ammazzato la figlia che chiede giustizia. Lui è provato dalla carcerazione ma molto tranquillo. Non sa assolutamente chi ha ucciso Saman. Shabbar dice che i dettami dell’Islam non comportano la possibilità di obbligare la figlia a un matrimonio.
Saman Abbas è scomparsa da Novellara nel 2021, dopo che era tornata a casa per riprendere i documenti e liberarsi da quel matrimonio combinato. La madre le aveva promesso aiuto, ma per l’accusa si è trattato soltanto di una trappola. La diciottenne è scomparsa ed è stata ritrovata, dopo un anno e mezzo, senza vita, seppellita vicino a un casolare abbandonato, grazie alle indicazioni dello zio Danish.
Quest’ultimo è accusato del suo delitto insieme ai due cugini, tutti attualmente detenuti in Italia. Proprio poche ore fa è arrivata una nuova notizia, due detenuti hanno raccontato le confidenze dello zio Danish. Avrebbe ammesso davanti a loro di aver partecipato al delitto della diciottenne pakistana.