Alberto Scagni è stato risvegliato dal coma: quali sono le sue condizioni di salute

Come sta Alberto Scagni dopo il pestaggio in carcere? I medici lo hanno risvegliato dal coma, ma non può ancora essere estubato

Come sta Alberto Scagni dopo il grave episodio che si è verificato nella prigione di Valle Armea a Sanremo? I medici lo hanno risvegliato dal coma indotto, ma hanno fatto sapere che non è ancora in condizioni di essere estubato.

Genitori Alberto Scagni

Alberto Scagni, accusato del delitto della sorella Alice, avvenuto lo scorso maggio a Genova, è stato brutalmente picchiato in carcere da due detenuti sotto effetto di alcol. Non è chiaro perché i due pregiudicati si siano accaniti su di lui, dopo aver chiuso il compagno di cella in bagno, per non permettergli di intervenire, ma se non fosse stato per le guardie carcerarie, probabilmente l’uomo non ce l’avrebbe fatta. Lo hanno prima preso a calci e pugni e poi picchiato con il piede di un tavolo.

Alberto è stato soccorso e trasportato in ospedale, dove è stato ricoverato e indotto in coma farmacologico. I medici lo hanno già sottoposto a due interventi al viso, per via di una frattura multipla al naso e alla laringe.

Genitori Alberto Scagni

Il primario della struttura sanitaria ha fatto sapere che il detenuto è stato risvegliato dal coma, con l’obiettivo di valutare il suo stato neurologico. Ma per ora non è ancora in condizioni di essere estubato.

Il racconto della madre di Alberto Scagni dopo aver visto la cella del pestaggio

Non è la prima volta che Scagni viene picchiato in prigione, era già accaduto a Genova. La madre Antonella Zarri si è recata a Sanremo per vedere con i suoi occhi la cella di suo figlio:

Il movente di Alberto Scagni

Un macello, in un angolo è rimasta una scarpa di Alberto. Macchie di sangue ovunque. Tavoli e brande, scaravoltati. È la scena di una sommossa, in 15 metri quadrati. Un detenuto anziano mi ripete nuovamente che gli dispiace, ma il vicecomandante della polizia penitenziaria lo zittisce e mi allontana per parlare da solo con il signore. Ne approfitto, torno fuori dalla cella 9 e chiedo: ‘Volevano ammazzarlo?’. Un ragazzo si mette una mano sul petto, sottovoce mi dice: ‘Non lo so, non lo so davvero’. Ha l’aria ancora spaventata, quella di chi ha visto.