“Mentre la uccidevo lei…” La confessione di Moussa Sangare e le ultime parole di Sharon Verzeni: parole da brividi
Moussa Sangare racconta al PM ed al GIP tutto quello che è avvenuto la notte tra il 29 ed il 30 luglio scorsi. Nella testimonianza anche le ultime parole di Sharon Verzeni
Moussa Sangare, il giovane arrestato per l’omicidio di Sharon Verzeni ha ricostruito, insieme al GIP e al PM tutti gli eventi che hanno portato alla morte di Sharon. Durante l’interrogatorio il Moussa riporta le ultime parole dette dalla 33enne e ricostruisce nel dettaglio tutti gli avvenimenti.
La notte tra i 29 ed il 30 luglio scorsi a Terni d’Isola, provincia di Bergamo, Sharon Verzeni è stata brutalmente aggredita ed uccisa. Per giorni le forze dell’ordine hanno tentato di ricostruire gli avvenimenti di quella sera. Dopo aver sentito i testimoni, visionato le telecamere di sorveglianza sia pubbliche che private e ricostruito quella tragica notte, i Carabinieri di Bergamo hanno arrestato Moussa Sangare. Il 30enne, arrestato nella notte fra giovedì 20 e venerdì 30 agosto, ha confessato l’omicidio della 33enne.
Durante i diversi interrogatori non è emerso un vero movente. Moussa ha aggredito Sharon senza un motivo ben preciso. Ora insieme al GIP ed al PM Moussa ha ricostruito tutti gli avvenimenti di quella tragica notte di fine luglio. Sangare, già noto alle forze dell’ordine per delle percosse a carico della madre e della sorella, racconta alla GIP Raffaella Mascarino e al PM Emanuele Marchisio ogni singolo momento che ha preceduto l’omicidio di Sharon Verzeni.
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Moussa è uscito dalla casa che occupava a Susio nella tarda serata del 29 luglio con un coltello da cucina. Durante in suo giro in bici a Terno dell’Isola, ha incorociato sette persone, tutti uomini. L’incontro con Sharon Verzeni, la prima donna sola, è avvenuto intorno alle 00:50. Le parole di Moussa in merito all’aggressione:
“Sapevo che volevo accoltellarla. Prima le ho chiesto scusa per quello che stava per accadere, poi l’ho colpita al petto e alla schiena, dopo averla rincorsa. Se mi avesse spintonato probabilmente me ne sarei andato. Sharon tremava e urlava “codardo perché, sei un bastardo”. Ho ripreso la bici e mi sono allontanato.”
Tornato a casa Moussa viene sopraffatto dai dubbi ma non relativi al gesto appena compiuto bensì alle sue emozioni in merito.
“Mi sono chiesto perché non stessi piangendo. Mi veniva da piangere però al tempo stesso mi sentivo libero.”
Una testimonianza davvero pesante che, racconta gli ultimi istanti e le ultime parole di Sharon.