Omicidio Maria Campai, l’autopsia rivela una verità sconvolgente: cosa è emerso dall’esame autoptico
Maria Campai è stata picchiata e soffocata: agghiaccianti i risultati dell'autopsia durata più di quattro ore
Un referto agghiacciante che getta luce su una vicenda oscura e disumana, quello che è emerso dall’autopsia condotta sul corpo di Maria Campai, 42 anni. L’esame autoptico, durato oltre quattro ore, ha rivelato i terribili dettagli della modalità con cui 17enne si è accanito contro la donna.
Secondo il referto medico, Maria Campai è stata violentemente picchiata prima di essere soffocata. Colpi brutali al volto e alla testa, seguiti da una stretta letale al collo, effettuata con una mossa di arti marziali. Il ragazzo, che ha incontrato la donna attraverso una chat di incontri a pagamento, avrebbe reagito con feroce violenza al momento del pagamento, colpendola ripetutamente fino a soffocarla. Le numerose fratture riscontrate sul corpo della vittima, alla testa, allo sterno e alle costole, contraddicono la versione resa dal giovane, che aveva cercato di minimizzare l’accaduto sostenendo che Maria era caduta da un divano.
L’autopsia, eseguita presso l’ospedale Carlo Poma di Mantova dal medico legale Antonello Cirnelli, ha rivelato la brutalità dell’omicidio, smontando definitivamente la difesa del giovane. Le ferite riportate dalla donna non sono compatibili con una semplice caduta, ma piuttosto con un pestaggio.
Il 17enne ha trasportato il corpo nel giardino di una villa abbandonata vicino al garage della sua abitazione, ricoprendolo di foglie per nasconderlo. Per sette giorni, Maria Campai è rimasta lì, sotto un albero, mentre il ragazzo continuava la sua vita apparentemente normale, dividendosi tra scuola e palestra, senza mostrare segni di pentimento.
La svolta nelle indagini è arrivata grazie alla sorella della vittima, che ha riconosciuto il giovane come l’ultima persona vista con Maria. Sotto la pressione degli inquirenti, il ragazzo ha infine indicato il luogo dove aveva nascosto il corpo. Davanti al giudice per le indagini preliminari, ha continuato a difendersi, sostenendo che si era solo “difeso” dalla donna e che l’aveva stretta per il collo solo per scostarla. Una versione che non ha convinto il magistrato, il quale ha confermato la custodia cautelare in carcere con l’aggravante della premeditazione e dell’occultamento di cadavare.
Un dettaglio inquietante emerge dal profilo psicologico del ragazzo: prima dell’omicidio, aveva cercato su internet informazioni su come uccidere a mani nude e inneggiava all’assassino di Giulia Cecchettin, Filippo Turetta. Su Instagram, aveva persino pubblicato una foto con la scritta “Brian Moser”, un riferimento al personaggio killer di prostitute della serie Dexter. Un segnale allarmante che suggerisce una spietata consapevolezza delle proprie azioni.
La premeditazione anche nel tentativo di depistaggio alle indagini. Ha inviato un messaggio dal telefono della vittima alla sorella, fingendo che Maria stesse bene e che sarebbe tornata a casa. Quel cellulare, cruciale per le indagini, è scomparso: il giovane ha dichiarato di averlo gettato in un cassonetto, complicando ulteriormente le ricerche.
Si fa fatica a comprendere come un adolescente apparentemente normale, frequentatore regolare di scuola e palestra, possa aver compiuto un crimine così efferato. Resta il macabro scenario di un omicidio premeditato, con il giovane che avrebbe agito da solo, senza complici.