La lista nera dei cibi più nocivi che portiamo sulle nostre tavole
A volte non ce ne accorgiamo nemmeno: leggiamo sempre le etichette!
Pensate di portare cibi sani sulle vostre tavole? Pensate che la frutta e la verdura che avete comprato siano salutari? Pensate che tutti i prodotti che trovate in vendita in Italia siano effettivamente Made in Italy? Beh, rimarrete delusi dall’ultima denuncia della Coldiretti, che a Napoli ha presentato la lista dei cibi più contaminati che arrivano sulle nostre tavole. Se in Europa e in Italia le regole sono ferree per quello che riguarda i residui chimici, non è lo stesso fuori dai confini del Vecchio Continente e i cibi contaminati possono arrivare con estrema facilità sulle nostre tavole.
La “Black list dei cibi più contaminati” è stata stilata con i dati delle analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel rapporto 2015 sui residui dei fitosanitari in Europa. Ma quali sono i cibi contaminati ai quali dobbiamo fare attenzione? Ecco la black list: c’è da mettersi le mani nei capelli!
1. Broccoli cinesi, ricchi di residui chimici come Acetamiprid, Chlorfenapyr, Carbendazim, Flusilazole e Pyridaben
2. Prezzemolo del Vietnam, ricco di sostanze chimiche come Chlorpyrifos, Profenofos, Hexaconazole, Phentoate, Flubendiamide
3. Basilico dell’India, pieno di Carbendazim, vietato in Italia perché cancerogeno
4. Melagrane dell’Egitto
5. Fragole dell’Egitto
6. Arance dell’Egitto
7. Peperoncino della Thailandia
8. Piselli del Kenya
9. Meloni della Repubblica Dominicata
10. Cocomeri della Repubblica Dominicana
11. Menta del Marocco
Facciamo sempre attenzione a quello che portiamo in tavola e scegliamo sempre il Made in Italy, perché l’agricoltura italiana è la più green d’Europa con 281 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp), ma anche perché vieta l’uso di Ogm e ha il maggior numero di aziende biologiche, oltre ad aver il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%).