Non picchiate i bambini! Educateli con dolcezza! Ma in che modo?
Un figlio è un bambino, ma che cos’è un bambino? E’ un futuro adulto, diverso dai grandi per forma fisica, capacità intellettiva, esperienza di vita e sensibilità. La prima regola, per fornire una buona educazione, è NON picchiare i bambini, il genitore deve imporsi questa norma per rispettare l’identità del piccolo. Il bambino non distingue lo schiaffo dalle botte, in quanto soggetto debole, uno schiaffo rimane sempre uno schiaffo: un ceffone “debole” può essere fortissimo e una sculacciata può valere come uno schiaffo sulla guancia o sulle mani!
Non picchiare i bambini, ogni schiaffo o ogni botta segna una differenza tra genitore e figlio che per il bimbo è invincibile, superiore e persino insopportabile, la “grandezza” fisica è l’elemento che mette il bambino in una posizione di soccombenza rispetto al genitore, lo rende “vittima” della punizione corporale. Il bambino picchiato non può reagire con mani altrettanto grandi, con la stessa forza del genitore e non ha lo stesso impeto. Quindi, il piccolo si chiude in sé stesso, si rannicchia, non parla più, piange, si difende dietro le sue piccole manine e le braccia tremanti; la remissione del bambino non è una sconfitta, è semplicemente paura.
Il bambino che smette di comportarsi male solo per paura di essere picchiato non crescerà bene, non saprà distinguere le cose giuste da quelle sbagliate. Oltretutto, il bambino “tenuto a bada” dallo schiaffo capirà che la forza fisica è utile per farsi valere nel mondo, rappresenta uno strumento di imposizione ed un’arma di cui avvalersi. E’ innegabile, in questo senso, che le punizioni corporali rappresentano quindi un’educazione alla violenza. Non picchiare, ma parlare ai bambini educandoli a vivere affermandosi con la forza del pensiero e curando l’intelligenza, comunicazione e capacità di espressione dei propri bisogni.
Facciamo conoscere i benefici di un’ “educazione dolce”, priva di aggressività; comprendere che la crescita di un figlio si basa su un rapporto di reciprocità dove il genitore è il punto di riferimento, l’esempio da seguire, la violenza porta solo altra violenza.
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