Angelina Jolie regista: "Nella terra del sangue e del miele"
Angelina Jolie passa dietro la telecamera e il prodotto è un film scomodo che fa luce su un pezzo di storia recente, prossimamente nei cinema
E’ successo, Angelina Jolie passa dietro alla cinepresa e cosa ne viene fuori?
Gira un film d’autore dal titolo In the Land of Blood end Honey, con attori bosniaci sconosciuti, in una lingua, il bosniaco, che in America come in Europa è ancora una lingua improbabile. Ambienta il film in un angolo morto della storia del XX secolo, nel periodo di dolore assoluto che ha segnato questa terra: la guerra di Bosnia.
Durante la guerra in Bosnia Erzegovina che divise la regione dei Balcani, negli anni Novanta, Danijel, un poliziotto serbo bosniaco, ritrova Ajla, un’artista bosniaca musulmana, con la quale aveva avuto una relazione prima del conflitto. Adesso Danijel è un ufficiale dell’esercito serbo bosniaco sotto il comando di suo padre, il generale Nebojsa Vukojevich. I due si rincontrano nuovamente quando lei viene portata via dall’appartamento che divide con sua sorella Lejla e il figlio di quest’ultima proprio dalle truppe guidate da Danijel. Un rapporto d’amore vissuto in circostanze oltremodo drammatiche.
Il risultato è un film dal tono incredibilmente giusto: gli orrori dello stupro concepito come arma di guerra, l’umiliazione di un popolo attraverso il corpo martirizzato delle sue donne, la pulizia etnica attraverso il loro ventre, la Jolie mette tutti questi drammi per iscritto, in scena e nelle didascalie, conferendogli un senso di verità sconvolgente.
Io, come Angelina Jolie del resto, ero un’adolescente all’epoca dei fatti raccontati, nonostante la maggiore vicinanza geografica, ammetto di conoscerli solo attraverso un vago e, purtroppo, tardivo sentito dire.
Per capire il valore reale di questo film ho deciso di farmelo raccontare da un’amica di Sarajevo che oggi vive in Italia e che fuggì da quello scenario terribile.
Secondo chi quelle cose le ha viste con i propri occhi il film è molto corretto, rende giustizia ai morti e onore ai sopravvissuti, un atto politico forte e non politicizzato.
La pellicola è stata proiettata proprio a Sarajevo.
Il pubblico, composto da tutte quelle donne violentate che tacciono da vent’anni, i bambini nati da quegli stupri oggi ventenni, la società bosniaca per cui questo era il segreto più doloroso, era combattuto fra lacrime ed evviva. Mi piace pensare che forse in quel preciso istante abbiano realizzato che una grande attrice e, insieme, una grande donna, per la prima volta, li stava incitando a rialzare un po’ la testa.