Diario di viaggio in Sudafrica: il mio safari al Kruger National Park
In piedi alle 5 del mattino: la magia della savana inizia all'alba. Ecco le mie giornate vissute al ritmo del leone
La biodioversità, io non sapevo veramente cosa fosse finchè non ho varcato il Malelane Gate del Kruger National Park in Sudafrica. Nei 2 milioni di ettari di quella che è nata come una riserva di caccia fondata nel 1884 dal (non troppo simpatico) presidente Paul Kruger, vivono 147 specie di mammiferi, 517 di uccelli, 49 di pesci, 34 di anfibi e 114 di rettili. Ah, e 336 varietà di alberi, tra cui il mitico Baobab.
L’ambiente del parco varia molto man mano che ci si sposta nelle diverse aree: la parte meridionale è più rocciosa, con qualche collina; la parte centrale è pianeggiante e il bush è quello basso tipico della savana; la parte settentrionale è arida e caratterizzata dai mopani, cibo preferito degli elefanti.
Abbiamo ritirato il nostro SUV a noleggio all’aeroporto di Johannesburg (venivamo da Cape Town, se avete perso la prima puntata la trovate qui, mentre cosa mettere in valigia per un viaggio in Sudafrica ve l’ho detto qui). Il Kruger ha un’ottima rete stradale con strade principali asfaltate e strade secondarie sterrate che per la maggior parte sono praticabili anche in berlina. Il SUV (o la jeep), però, è preferibile per l’altezza e per l’ampiezza di finestrini e lunotto: durante il safari, non si può scendere MAI dalla macchina ed è importante avere una buona visibilità dall’interno del veicolo.
Da Johannesburg ci vogliono 4-5 ore per arrivare al primo gate del Kruger, e tutti i gate chiudono alle 18. Se si arriva come noi oltre quell’orario, bisogna avvertire, farsi venire a prendere al gate dai ranger, farsi scortare fino al camp e pagare 200 ZAR per l’incomodo.
Per poter vedere il più possibile del Kruger Park, noi abbiamo deciso di pernottare in una zona diversa ogni notte, prenotando in anticipo bungalow da 2 persone con angolo cottura (in media, questo tipo di alloggio costa 700 ZAR a notte). In alternativa, si può optare per il campo tendato o scegliere di campeggiare, come fanno mio cugino Antonio e la sua ragazza Alessia che sono ormai naturalizzati sudafricani e dormono nel loro Cherokee sia al Kruger che in mezzo al deserto… ma questa è un’altra storia. Per i pasti, eravamo organizzati con l’attrezzatura da campeggio di Antonio per il pranzo e con i cucinotti dei bungalow per colazione e cena.
Le nostre tappe sono state:
– Berg-en-Dal
– Skukuza
– Satara
– Olifants
Il nostro safari è stato completamente autogestito, scelta motivata dalla presenza di Antonio e Alessia che hanno fatto esperienze ben più avventurose di questa (che, a dire la verità, osservando le basiche norme di sicurezza e buon senso, è molto bella e per niente pericolosa) e che sapevano cosa fare. Non essere mangiati dal leone o morsi dal black mamba, comunque, è abbastanza semplice: resta in macchina e nessuno si farà male. Il vero pericolo sono i pachidermi: un ippopotamo o un elefante che ti caricano si fanno un baffo del tuo ridicolo SUV. A questo bisogna stare attenti: Antonio ci ha spiegato di osservare il comportamento degli elefanti, se camminano verso di te aprendo le orecchie e barrendo non è un buon segno, inserisci quell’accidenti di retromarcia e dai gas!
La prima cosa che ho amato al Kruger National Park è quella che più mi preoccupava prima di arrivarci: la sveglia alle 5 di mattina. Svegliarsi insieme a tutte le altre creature della savana, insieme al sole che emerge dalla terra, è una bellissima sensazione. Quel caffellatte prima del giorno, insieme ai miei compagni di viaggio, in mezzo ad un niente pieno di tutto e di tantissima vita, mi è sembrato il più buono che abbia mai bevuto. Alle 5:30, all’apertura dei gate, noi eravamo tutti pronti in macchina con binocoli e macchine fotografiche alla mano.
“Impala, impala, impala!!!” Durante il primo quarto d’ora di safari sono queste le parole che ripeti e senti ripetere: avvisti decine, centinaia di impala. Dopo un po’ capisci che al Kruger gli impala sono come i piccioni a Piazza San Marco, e non ci fai più caso. Se invece vedi una leonessa con ben 3 cuccioli, di cui 2 davvero piccoli, allora sì che urli… e non dovresti, perchè rischi di farli fuggire.
È un avvistamento incredibilmente fortunato: nessuna mamma con i cuccioli ha voglia di farsi vedere troppo in giro, invece questa leonessa se ne stava lì tranquilla per la strada. Con lei, abbiamo visto il primo dei Big Five: leone, elefante, bufalo, rinoceronte e leopardo. Alla fine del safari ne avevamo avvistati 4 su 5, non abbiamo mai visto il rinoceronte.
Zebre e giraffe non sono difficili da avvistare, così come bufali, kudu, facoceri e ippopotami (questi ultimi è facile vederli in acqua, mentre è raro vederli all’asciutto).
L’emozione più grande è stata avvistare il felino più sfuggente, capace di mimetizzarsi e rendersi quasi invisibile: il leopardo. È stato durante l’unico safari guidato che abbiamo fatto, qualcosa di giallo e veloce ci ha sfrecciato davanti e si è appiattito nel bush, una voce alle mie spalle ha gridato “Leopard!!!”. Il ranger ha frenato e io mi sono fiondata sul lato della camionetta, ho iniziato a scattare quasi alla cieca, la luce era già bassa e lui se ne stava nascosto tra l’erba alta… poi, per un attimo, ho visto i suoi occhi. Avevo il cuore a mille. Solo dopo, quando ho riguardato le foto dal display della macchina, mi sono resa conto che ero riuscita a prenderlo e metterlo a fuoco, eccolo qua.
Il rapporto con la wildlife, al Kruger, è di debita distanza: puoi aggirarti in macchina e guardare da più o meno lontano, ma non puoi scendere dal veicolo e, a meno che non decidi di fare un’escursione guidata, non puoi lasciare le strade autorizzate. Le aree di sosta dove ci fermavamo per pranzo sono recintate con filo spinato elettrificato, che tiene fuori tutti gli abitanti della savana più grandi di uno scarafaggio… tutti tranne uno: il cercopiteco verde. Ve lo ricordate? Era nella mia top ten degli animali più brutti da avvistare al Kruger :) Uno di noi doveva sempre piantonare le provviste di cibo, perchè queste scimmiette ci giravano intorno curiose e molto interessate al contenuto della nostra borsa termica.
Anche i babbuini si avvicinano all’uomo, ma non tanto come i cercopitechi: sono più grandi e anche un po’ più aggressivi, se vogliono il tuo panino io non ci starei tanto a discutere.
Un mondo a parte è quello degli uccelli: ce ne sono centinaia di varietà, di ogni colore e dimensione. Può succedere che mentre fotografi un’aquila, lei decida di farti il grande regalo di alzarsi in volo… e ti viene fuori uno scatto così.
Il safari è un’esperienza che tutti, o almeno tutti quelli che amano viaggiare, dovrebbero fare una volta nella vita. Osservare gli animali allo stato di libertà nel loro ambiente naturale è una cosa piuttosto rara per noi occidentali, e può insegnare molte cose. Ad esempio, che di tutto il creato l’uomo è l’animale più feroce, quello che lotta ad armi impari, l’unico che uccide più di quanto mangia, l’unico che spreca la vita degli altri animali.
Dal Kruger, noi non volevamo più uscire: quel paesaggio che ti entra negli occhi ti dà dipendenza, non vuoi più svegliarti senza. Ancora un’altra tappa, però, ci aspettava fuori dai gate: Mpumalanga e Blyde River Canyon!