Marta sui tubi: Sanremo e il nuovo album Cinque, la luna e le spine
Forse Sanremo non era ancora pronto per la loro musica ma il nuovo album è decisamente tutto da scoprire
I Marta sui tubi al dodicesimo posto del Festival di Sanremo rafforzano la mia teoria da bar all’angolo: i gruppi indie, rock alternativi o comunque non mainstream per quanto bravi, per quanta gavetta fatta difficilmente vengono apprezzati dal pubblico di Sanremo. Di certo non sulla breve distanza, guardate gli Elio e Le Storie Tese, vincitori assoluti secondo il web ma secondi dopo quasi trent’anni di carriera ed al secondo tentativo sul palco dell’Ariston(la prima con La Terra dei Cachi nel 1996).
Ma veniamo al nuovo album dei Marta sui Tubi: Cinque, la Luna e le spine (ascoltato su Spotify): decisamente in linea con lo stile del gruppo, impossibile non notare come gli strumenti (archi, organo) e le sonorità che mancavano nei primi dischi abbiamo arricchito il tutto, anche se per me Marta sui tubi si sintetizzano nlla voce di Giovanni Gulino, una delle più potenti e teatrali (si può dire?) dell’indie italiano e Carmelo Pipitone, autentico mattatore della chitarra acustica. Negli anni si sono aggiunti Ivan Paolini alla batteria, Mattia Boschi, violoncellista e Paolo Pischedda al piano e organo hammond.
Ecco la tracklist di Cinque, la luna e le spine e la mie impressioni.
Il primo volo La traccia di apertura dell’album, sembrerebbe raccogliere l’istanza più soft dell’album ma il pezzo gira verso ritmiche più serrate e sonorità più rock.
Dispari (scartato dal televoto di Sanremo a favore di Vorrei) Pieno stile Marta sui tubi, ritmica piena e scandita, controcanti, virtuosismi vocali e scioglilingua di Giovanni Gulino.
I Nostri Segreti uno dei pezzi dall’arrangiamento corposo, contro-cori, cambi di ritmo.
Vorrei L’intro folk della chitarra acustica sorretto da una ritmica battente si arricchisce subito dopo con archi, organo e la pienezza della voce, che passa dai toni alti del ritornello a bassi su effetto megafono. Sanremo non l’ha ancora capita.
Vagabond Home Unico pezzo in inglese, dalle atmosfere quasi new wave in certi passaggi.
Il collezionista di vizi Tra tutti, il pezzo dell’album che mi convince meno, forse manca un’identità musicale dominante.
Tre. Il blues iniziale di Tre sfoga in un delirio funky rock elettrico, per poi riadagiare su una coda blues, un esercizio stilistico che sarei curiosa di sentire dal vivo.
La ladra Pezzo lento dell’album, voce e chitarra per un testo malinconico, arricchito dal romanticismo di un violino.
Maledettamente bene Una taranta rock.
Grandine Altra pausa di riflessione all’interno dell’album, il tempo di prendere fiato e godersi atmosfere quasi new age.
Polvere sui maiali Flashback per un’attacco che ricorda lo swing di Buscaglione ma subito fa perdere le sue tracce in un eclettico labirinto di sonorità.