Insulti, calci e pugni, otto anni di maltrattamenti subiti da una donna. Leggete l’incredibile sentenza che ha fatto infuriare milioni di utenti sui social.
Calci, pugni, bastonate e oggetti domestici lanciati contro la convivente. Atteggiamenti che in tribunale sono stati considerati “episodi sporadici” scaturiti da “situazioni particolari”, smentendo che alla base ci fosse “l’imposizione di un sistema di vita tale da porre la vittima in uno stato di prostrazione sia fisica che morale”.
Una sentenza che sta facendo discutere parecchio, da parte del giudice del tribunale di Torino, Maria Iannibelli, che ha assolto un quarantunenne dall’accusa di maltrattamenti ai danni della compagna. Lui è un uomo disoccupato da 10 anni, mentre lei svolge lavoretti sporadici di pulizie. Convivono dal 2006 e, a dire della donna, sono stati anni da incubo. “Sei una madre spregevole, sei marcia” le accuse ricorrenti nei confronti di lei. Seguite da spinte, botte, insulti che avevano portato il pm Dionigi Tibone a chiedere tre anni e nove mesi di carcere per il fidanzato. Ma la giudice ha letto la vicenda in modo diverso: “conflittualità reciproca”. Nelle motivazioni si legge che tra i due “era un litigio continuo, dovuto al fatto che l’imputato, da quando era stato licenziato, non si era adoperato per trovare un lavoro. Lui insultava, ma anche lei rispondeva agli insulti”. Sulla sentenza si legge anche che la donna fosse un soggetto “esuberante”.
L’accusa, da un lato, raccontava di una donna che “subiva continue aggressioni e umiliazioni”. Dall’altro, però, per la Iannibelli “non è emersa una sottoposizione della signora a una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare un disagio continuo e incompatibile con normali condizioni di vita”.
Non sono serviti neanche i certificati medici di Otto lunghi anni di violenze subite, perchè molte volte le lesioni della donna non c’entravano nulla con le botte date dall’uomo e poi si trattava di episodi sporadici.
Praticamente il fatto non sussiste, e l’avvocato dell’uomo, si ritiene soddisfatto della sentenza.
L’imputato è stato comunque riconosciuto colpevole di aver tradito la compagna e aver abbandonato la casa senza aver contribuito a mantenere i figli.
“Anche ammettendo che abbia difficoltà economiche, nulla lo esime dal trovarsi un’occupazione” ha concluso la giudice.