Lo Zoo: Quando cattività e vacanza non sono poi così lontani
Quando avete montato tutti i regali di natale, mangiato l'ultimo panettone e al cinema vi manca solo di vedere un cartone animato polacco in un cineclub senza riscaldamento, vi consiglio di andare allo zoo. Per scoprire che c'è sempre qualcuno che sta peggio di noi.
Ieri, per sfangare un’altra giornata di queste interminabili vacanze, siamo stati allo zoo, che ora si chiama bioparco anche se nessuno credo abbia capito il perché.
Ci siamo divertiti anche se l’orso era troppo lontano, il leone dormiva, il cammello non abbiamo capito dove fosse e l’unico animale che ha colpito mia figlia è il Lemure.
Matilde mi chiede vita morte e miracoli del simpatico animaletto e io, totalmente impreparata e lasciata sola con la mia ignoranza in un posto senza wi-fi per una googolata strategica, le dico l’unica cosa che so, ossia che sono animali che vanno in giro di notte.
“Come te mamma quando esci con le amiche e io vado da nonna?”.
E lì capisco che sono cinque anni che fingo inutilmente di andare a comprare il latte direttamente dalla mucca.
Le cose che detesto dello zoo sono le scene imbarazzanti a cui i macachi ci sottopongono, il trenino finto vintage e le forche caudine.
Trattasi dell’ultimo step, la stanza del Merchandising dove il bambino vorrebbe qualsiasi cosa e tu, stremato e maleodorante di noccioline, cerchi dissuaderlo.
Intorno a te una guerra civile logora famiglie affiatatissime fino a un mammifero fa.
Tutti piangono, fanno capricci e urlano così tanto che ti aspetti che da un momento all’altro interverranno quelle saputelle con la cappa blù di Sos tata.
Rettili a sette euro sapientemente disseminati, libri pop up che aperti inavvertitamente fanno fuoriuscire dinosauri che ti prendono i in giro nonostante l’estinzione, spade di gomma completamente fuori contesto.
Circonvenzione d’incapace. E per incapace intendo, ovviamente, il genitore.
Mentre aspetto che Matilde scelga un solo gadget (che sappiamo tutti che vuol dire tre), con il piglio di un Desmond Morris della domenica osservo gli esseri umani che mi circondano e uno in particolare mi colpisce.
Appartiene alla famiglia dei marsupiali: il mammo.
Mentre faccio etologia spicciola arriva Matilde con un libro illustrato e mi spiega che in questo libro si parla di una cosa a quanto pare assurda per lei: una mamma che cucina.
“Tu mamma non sai cucinare e non sai camminare sui tacchi, guarda che sono due cose importanti”.
“E papà?” Le chiedo.
“Papà deve comprarsi una macchina alta.”
La mamma coi tacchi e il papà con il suv.
Matilde non è una bambina, è un contrappasso dantesco.