‘Mi chiamo John Hwang e ho una cosa da dirvi….’

“Il mio nome è John Hwang e per lavoro faccio il fotografo professionale. E’ una passione che ho sempre avuto, fin da quando ero piccolo. I principali “modelli” che amo fotografare, sono gli animali. Non chiedetemi perché, so quanto è difficile fotografarli, ma io ho un dono speciale, riesco a prendere la loro anima. Durante i miei viaggio, mi fermo ad ogni canile di passaggio, perché è in quei posto che regna la tristezza, il dolore e il terrore ma anche la gioia, la felicità e la speranza di una nuova vita…

Questo che vedete di sopra, è il mio ultimo scatto. Voglio mostrarvelo perché voglio che lo conosciate. Quando sono entrato nel canile in cui si trovava, la prima cosa che ho sentito, è stato un fortissimo odore mi marcio. Sono passato davanti alla sua grata e come lui ha sentito qualcuno di avvicinarsi, è scappato all’angolo e ha abbassato la testa. Era come se volesse sparire, se cercasse di non farsi notare… così, prima di fare la sua conoscenza, sono andato da un volontario e ho chiesto informazioni sul suo passato. Quel gentile ragazzo mi disse che aveva dieci anni e che faceva così da quando era arrivato. Non mangiava quasi nulla, le parole precise che ha usato, sono state: “vive nella sua bolla ed è solo lì che vuole stare”. Ma io sapevo che in fondo nessuno ci si era impegnato più di tanto, era semplicemente considerato un caso perso… sapete cosa fanno nei canili? Danno da mangiare ai cani e poi aspettano che qualcuno li adotti. Non avevano mai approcciato con lui con un dialogo… sapete da cosa l’ho capito? Mi sono avvicinato, ho infilato una mano e gli ho detto: ‘Lo sai che sei bellissimo? Posso farti una fotografia? Non avere paura, vieni qui. Io sono tuo amico, lasciati accarezzare’.

 

Lui si è avvicinato subito, è uscito fuori con il muso, cercando di avvicinarsi a me. Non riusciva a crederci, ha chiuso gli occhi e si è lasciato accarezzare.

Si vedeva che soffriva, che era debole, che molto anziano…

Me ne sono innamorato profondamente, ho firmato le carte per la sua adozione e l’ho portato a casa. Io viaggio molto e purtroppo lui non merita di vivere solo, ma l’ho adottato per portarlo al rifugio vicino casa mia, dove lavora un mio amico, così potrò assicurarmi di trovagli una famiglia.  Vi ho mostrato queste foto perché simboleggiano qualcosa di meraviglioso, qualcosa che non si può palpare, qualcosa che proviene dall’anima.”