Facebook morirà. O forse no? Le previsioni social del 2014

Siamo già alla fine di gennaio, e non accenna a placarsi la moda delle social previsioni per il nuovo anno. Quello che una volta era solo appannaggio di sedicenti guru o di oroscopi leggendari è diventato ormai un must have in ogni blog, timeline, redazione digital che si rispetti. E noi come potevamo lasciarvi ignare rispetto a un oscuro presagio: cosa ne sarà di Facebook?

Che i social media fossero diventati una “tendenza” era già chiaro dal 2013, da quando persino i politici, tra cui si annoverano le peggiori pratiche di comunicazione esterna da quando fu inventata la tv, si sono messi a twittare (con profondo sbigottimento mio, di una folta schiera di social media manager della prima ora e sommo gaudio di Gazebo, che a questa meravigliosa pratica dedica settimanalmente una esilarante top ten). Ma il totogol su come andremo a finire, beh, quello no, non me lo aspettavo. Sembra che tutti, proprio tutti, dal verduriere di piazza Vescovio a Roma, a Panorama (non serve dirvi quale delle due fonti sia per me la più attendibile, vero?) sentano l’impellente bisogno di interrogarsi su una districata e complessa questione: cosa ne sarà dei social network nel 2014?
Insomma, qualcosa mi sarà sfuggito. Ci sarà un nuovo appuntamento dei Maja all’orizzonte, e nessuno mi ha avvisato. Sta di fatto che quei dubbi esistenziali che una volta erano, come dire, individuali, del tipo “Da dove veniamo, chi siamo, dove stiamo andando”, sembrano essere stati rimpiazzati da ansie social condivise del tipo “l’anno prossimo avrò ancora uno smartphone con cui farmi i selfie, o sarò io a fare i selfie allo smartphone?”

C'è vita dopo il logout?

Detto questo vi capisco. L’ansia è dettata dall’ignoranza. Insomma, non offendo nessuno se me ne esco con la proverbiale, nota, bypassata “paura dell’ignoto”, vero? Insomma, tutti siamo sui social, persino mia zia che intreccia cestini a Ostuni si vanta con le amiche postando le foto delle sue creazioni su Facebook. Solo che tra l’esserci e capire le intricate matasse che stanno alla base del funzionamento, della strategia e della crescita di queste geniali piattaforme c’è un immenso abisso, chiamato professione, e c’è una lunga traversata da compiere, chiamata analisi. Però insomma, con profonda sicumera le nostre previsioni possiamo farle anche noi, vero? Anzi, vi farò le previsioni delle previsioni dei social 2014, limitandomi a commentare la “previsione” per eccellenza, la notizia che rimbalza ormai da blog in blog. Ma come, non lo sapete?

Facebook: cronaca di una morte annunciata

Era nell’aria, vero? Dai, su, ditelo, un po’ lo avevate capito pure voi. Facebook é destinato a chiudere, milioni di like buttati nell’oblio, miliardi di fan page geniali disperse nei database di Palo Alto. E chi diceva “il blog è morto, si comunica solo sui social”, tutti ad aprirsi un account WordPress, con la coda tra le gambe, e a collegarlo con Google+, l’acerrimo nemico seduto pazientemente sulla sponda del fiume.
A dare la notizia dell’imminente dipartita del colosso che ha riscritto il concetto di “amicizia” nella storia, proprio la Princeton University. L’ipotesi “scientifica” dà a Facebook solo tre anni di vita, paragonandone il declino di natura “virale” a quello di MySpace (se non sapete cos’è siete maledettamente giovani, via da questa pagina! – leggi:invidia). I due fantastici ingegneri statunitensi hanno portato a supporto della loro analisi una prova inconfutabile: dal 2012 (anno del vero e proprio boom) sempre meno persone cercano la parola Facebook su Google (dando per scontato che il motivo della ricerca sia trovare l’accesso alla piattaforma).

Due indizi fanno una prova?

Allora, mia nonna mi ha sempre detto “non sposare un ingegnere”. E io che i buoni consigli non li seguo mai mi ci sono anche fidanzata, per un breve tempo, con un degno rappresentante della specie (ciao Ale!), quel tanto che basta per capire che un ingegnere sarebbe capace di progettare una meravigliosa, innovativa, sorprendete, all’avanguardia, spaziale diga. Sì, ma nel deserto. Nel senso che sono capoccioni loro, e talmente concentrati sulla loro teoria perfezionista da rifiutarsi di vedere oltre al proprio naso. E quindi è bastato un due più due fa quattro del TechCrunch della situazione (bastato si fa per dire) per ricordare agli scienziati di tutto il mondo uniti che l’analisi dei trend non va costruita su una sola variabile. E che quindi avrebbero dovuto prendere in considerazione il boom negli ultimi tre anni delle applicazioni mobile e delle web application/estensioni del browser, per capire che, santa pace, per accedere ad un servizio che milioni di persone suppergiù usano giornalmente, esiste un modo alternativo e più veloce che non sia la ricerca su Google. O no?!
Questo non significa che Facebook non abbia i suoi problemi. Che tra l’apertura al libero mercato dell’advertising e l’ansia da quotazione in borsa, abbia perso quella patina “cool” che tanto piaceva alla gioventù e sia diventato maledettamente boring, regalando secchiate di bimbiminchia alla messaggistica di Snapchat e Whatsapp.
Però dichiararne la bancarotta nel giro di tre anni equivale a preannunciare un esodo di massa di quasi un miliardo di persona.
Emh.

(La notizia del morto in prima pagina è sempre molto molto allettante. E quindi ha dato da mangiare a sedicenti blogger e giornalisti di mezzo mondo, che hanno rilanciato, tra rocambolanti traduzioni da Google translate di complessi post scritti in american english, la notizia del Zuckemberg morto annunciato, hanno fatto le loro mille mila visite gridando al lupo al lupo, e stecca para pe’ tutti).

La vostra sibilla
Futurap