Viaggio in Marocco: Da Fes a Marrakech passando per il deserto
Un viaggio in Marocco oltre le città imperiali. Nel mondo berbero e dei nomadi nel sud Marocchino
C’è l’errata convinzione che Le Mille e una Notte siano ambientate in Marocco, eppure nonostante non sia proprio così non vi è nulla che non mi faccia credere che questo Paese potrebbe essere un degno sostituto della Persia.
Sono tornata in Marocco per le terza volta. 8 anni dopo le prime due, e nonostante credessi di aver già visto tutto, questo Paese anche questa volta non si è smentito, anzi, oggi ho la certezza che è uno dei miei preferiti nel mondo. Azzardo. Il mio preferito!
Avete capito bene, il numero uno nella mia personale classifica di viaggio, anche in competizione con le mie amate Galapagos e dello spettacolare Myanmar o Birmania che dir si voglia o dell’incredibile Bolivia.
Il Marocco è speciale. E’ complesso, articolato, offre paesaggi vari e diversi in una lingua di terra non grandissima e che è possibile viaggiare in circa 2 settimane.
Del Marocco si conosco prevalentemente le città imperiali, in particolare Marrakech e adesso, grazie ai voli Ryanair che atterrano a prezzi stracciati (ho sentito €50 andata e ritorno da Roma), anche Fes, la città imperiale secondo me più bella di tutte.
itinerari e città da vedere per una immersione senza esclusione di colpi nel mondo arabo, storie di città murate e porte, souks, carretti e motorini che sfrecciano per le piccole e strette vie, casino per le strade e gli immancabili “molestatori da strada”.
Ma il Marocco regala ben altro che il caos delle città e la bellezza ed imponenza delle città imperiali.
Regala infatti pace e tranquillità del deserto come “valli senz’anima”, come dice una mia cara amica e che rappresenta bene l’immagine. Vallate nel cuore di terra brulla e desertica, o semi desertica, verdeggianti e coperte da palme. Kasbah in fango che da fuori sembrano essere luoghi disabitati ma che nascondono tra le mura vita che si svolge nell’assoluta quotidianità.
Non è abbastanza? Marocco è anche villaggi di mare e di pescatori, onde per surfare, città montane dove poltrire.
Regala anche un viaggio antropologico, un mix di popoli che a prima vista potrebbero sembrare gli stessi ma che invece sono molto differenti gli uni dagli altri.
Arabi VS Berberi, i nomadi, un popolo senza reali confini che con gli arabi condividono solo una religione, molto meno costretta tra l’altro, e che come simbolo nella propria bandiera hanno l’uomo libero e di questo messaggio di libertà si fanno portatori, donne incluse.
Ed è dei 4 giorni che mi hanno portata da Fes a Marrakech che voglio scrivere oggi.
Non dei souks nè dei mercati, ma di quella fetta di Paese che attutisce il colpo della vita confusionaria marocchina e che ha concluso in bellezza due settimane in cui tutto mi è sembrato uguale alla prima volta, forse anche più bello.
Perchè più bello?
Perchè ho viaggiato in talmente tanti Paesi negli ultimi 3 anni che per un momento ho creduto di aver visto abbastanza, pure troppo, non più entusiasmo per un luogo nuovo, non più voglia di scoprirlo.
L’esperienza nel deserto e il cammino che si affronta per raggiungerlo è lungo e stancante. Chilometri e chilometri macinati in macchina. Ma la stanchezza arriva la sera, gli scenari che scorrono dai finestrini della 4×4, si alternano rapidamente e non lasciano abbastanza tempo per sentirsi stanchi quando in movimento.
NB. Questo tour è organizzato da agenzie locali, se si ha tempo e una macchina si può fare autonomamente altrimenti i costi e il servizio delle agenzie sono abbordabili ed impeccabili, per lo meno quello dei berberi a cui mi sono appoggiata io.
Lasciamo Fes alle 8 del mattino a bordo della 4×4 che ci sta per portare nell’angolo più magico di tutti: il deserto.
La città la lasciamo alle nostre spalle, ci dirigiamo verso Azrou un centro artigianale specializzato nella lavorazione del legno di cedro e Ifrane, una cittadina in stile europeo chiamata la Svizzera del Marocco, seguendo in direzione Mildet attraversando il Medio Atlante con le sue foreste di cedri.
Lo scenario cambia improvvismente. Siamo nella Valle dello Ziz, una bellissima valle punteggiata di palme, per poi approdare a Merzuga, alle porte del deserto nel sud marocchino. Il deserto è li, fuori dalla finestra della camera dalla quale si intravedono i pacifici dromedari che si riposano dopo avere ruminato tutto il pomeriggio.
Il secondo giorno comincia con il grande giro delle dune desertiche, la visita delle due oasi di Merzouga, del deposito nomade per le rotte del deserto, del villaggio di Khamlia (il villaggio dei neri musicisti del deserto), delle miniere di Mifiss e degli altipiani desertici, luogo di ritrovo dei nomadi berberi.
Fa caldo, ma non troppo, è febbraio ed il clima è temperato, anche di notte. Per ristorarci abbiamo il privilegio di sostare presso una famiglia berbera, una di quelle vere, un salto al forno con la signora che nel mentre che cucina il pane si intrattiere con le amiche in fila per infornare il proprio. Il risultato sono delle pagnotte che magicamente verranno farcite per dar vita alla deliziosa pizza berbera.
Ma è il pomeriggio che arriva il tanto agognato momento! Il cammino con dromedario sulle dune dell’Erg Chebbi e il pernottamento nelle tende berbere, concluso con musica e balli attorno al fuoco e una fumata di shisha alla mela.
Tempo di lasciare Merzuga e i miei amici nomadi per dirigerci a Rissani ed il suo vivace souk. Stiamo allontanandoci dal deserto fino ad arrivare alle splendide gole del Todra e i suoi palmeti e approdare nella bellissima valle del Dades.
Orribile svegliarsi l’ultimo giorno consci che da li a circa 8 ore tutto terminerà. Si torna a Marrakech ma non prima di fermarci a Ouarzazate, la Hollywood del Marocco e sede della bellissima Kasbah Telout e lo splendido ksar di Ait Benhaddhou, uno splendido castello di sabbia adagiato come per magia in un campo di mandorli dominati dagli imponenti e spettacolari paesaggi dell’Alto Atlante.
Lo scenario ha un che si surreale e il senso di infinitezza che il Marocco dona ai suoi visitatori qui ne dà un’altra prova. Non è la stessa sensazione che si ha nel deserto ma è sicuramente altrettanto forte ed attraente.
Ultimo passaggio in 4×4, attraversiamo il Grande Atlante, soffro un pò l’altitudine e le curve e nonostante gli occhi vogliano stare chiusi per riposare non ci riesco. Lo scenario sembra non voler smettere nella sua metamorfosi, terra rossa, campi verdi, foreste, neve, palme, terra nera. Impossibile dormire, temo di perdere qualcosa che chissà se un giorno rivedrò.
Al di là delle montagne innevate si trova Marrakech. Manca ormai poco.
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Sono nel riad, passeggio per il souk proprio come facevo 13 giorni prima. Tutto ormai mi sembra familiare, mi trovo a mio agio qui. So come gestire i marocchini e le loro insistenti chiamate, so come non farmi fregare da chi mi dice che vuole solo aiutarmi, salvo poi chiedermi dei soldi alla fine della prestazione (non richiesta), quale quella di indicarmi la strada per tornare in riad per esempio, so che non rispondere a chi da fastidio è la miglior arma per essere lasciati in pace, so anche che non tutti devono essere trattati così, perchè la gente di qui è gente speciale, come la loro terra.
Faccio lo shopping dell’ultimo giorno, negozio e chiacchiero, mi siedo a fianco dei negozianti, facciamo delle foto asssieme.
Peccato 15 giorni siano passati così velocemente.
Si dice non ci sia 2 senza 3. Il mio tre l’ho già avuto. Spero in un prossimo 4.