Apericena: come facevamo quando non c'era?
Sabato senza figlia, un bicchiere di vino e ovviamente alcune riflessioni
È sabato e non ho mia figlia. Piccole gioie della separazione consensuale.
Mi concedo un bicchiere e, mentre aspetto chi mi farà compagnia, la mia mente ripercorre i miei happy hour e va indietro fino a quella lontana epoca in cui ancora non c’erano piattini da mettere in mezzo…
Poi mi sovviene un tenero ricordo: il mio primo apericena…
Era tanto tempo fa, un’amica mi portò in un posto e mi disse: “Prendiamo un bicchiere di vino.”
Nel frattempo una tavola s’imbandì. Ragazze con la parannananza sopra vestiti colorati portavano vassoi stracolmi di cibo che veniva accolto da tutti come ambosia.
“Puoi prendere quello che vuoi, è gratis con il vino” mi disse qualcuno dall’accento nordico.
Trasalii.
Era il mio primo Apericena.
Ancora non sapevo che si sarebbe poi in futuro configurato etimologicamente così, pensavo che sarebbe stata una moda circoscritta, come le spalline agli anni ottanta, invece no, è vivo, vegeto e anche vegan.
La mia amica mi disse che a Milano c’era da un sacco di tempo e la gente ci andava subito dopo l’ufficio.
Al di là del Rubicone se la godevano, a quanto parte.
Ero estasiata alla vista di quei piattini infilati e le forchette che volevano solo essere usate, senza costi aggiuntivi.
Cercavo di fare bei piatti ma senza fare la figura della scroccona, per poi scoprire che chiunque, anche l’anoressica attrice del momento, impilava la qualsiasi e nascondeva un secondo strato sotto le tartine al caprino.
Per un lungo periodo mangiammo ceci, paste-molto-fredde, pizzette e ovoline.
Eravamo spensierati.Non sapevamo che un giorno sarebbe tutto cambiato. Che avrebbero introdotto il prezzo fisso.
Quindici euro.
Una pizza e una birra, ma vuoi mettere?
Aderire a un rito, indire una crociata per conquistare la tavola imbandita con un piattino di carta come scudo e delle cruditè come alabarde….
L’apericena ormai si coniuga con diverse occasioni e si sposa sempre di più con eventi artistici quali mostre o spettacoli teatrali.
Chissà Jarry vedendo il suo Ubu Roi rappresentato davanti a un pubblico di ciancicatori di cous cous cosa avrebbe pensato. Forse che la patafisica non era poi un’invenzione così assurda…
In fondo vogliamo solo che ci si regali qualcosa per farci felici e non ci importa dell’ustione di secondo grado sulla lingua per mangiare in piedi le crocchette di pollo tandoori.
Io mi sento sempre un po’ come se stessi rubando dal portafogli di mia nonna gli spiccioli, non riesco ancora a rilassarmi e a strafogarmi in santa pace e mi sento un’idiota a sgomitare per un patè di dubbia provenienza.
Perché sono una radical chic, una che non si fa la tessera al supermercato per principio, una spallina nel duemila e undici ma, fortunatamente, chi mi fa compagnia è la persona più brava del mondo a fare i piattini.