Alice Scagni, la mamma chiede le telefonate in cui chiedeva aiuto per curare il fratello Alberto
La donna ha paura che non si indaghi bene su eventuali responsabilità
Per il tragico caso di Alice Scagni, la mamma della donna uccisa dal fratello Alberto a Genova, chiede che le vengano date le telefonate in cui chiedeva aiuto. La madre ha già scritto una lettera al Procuratore, affinché vengano divulgate tutte le chiamate in cui i famigliari chiedevano aiuto per curare Alberto, perché ha paura che si voglia far scendere il silenzio sulla vicenda.
Alice Scagni ha perso la vita lo scorso 1 maggio per mano del fratello Alberto. La mamma, Antonella Zarri, scrive al Procuratore di Genova, Francesco Pinto, per chiedere la pubblicazione delle telefonate.
Sono perfettamente consapevole del fatto che le cronache su come è stata distrutta la mia famiglia presto termineranno. Ho l’atroce sospetto che si voglia far calare il silenzio su ciò che è accaduto.
Io dico da madre alla quale hanno “ucciso” due figli. Abbiate il coraggio di rendere pubblico il drammatico dialogo di un genitore che invoca disperatamente aiuto sapendo che il proprio figlio, delirante, impazzito, sta per uccidere sua sorella. E la risposta delle forze dell’ordine. O forse la vergogna di qualcuno deve essere protetta?
Questo si legge nella lettera che Antonella Zarri ha inviato al Procuratore del capoluogo ligure e che ha anche deciso di affidare ad alcuni quotidiani italiani.
Alice Scagni, la mamma ha paura che non emergano le reali responsabilità nel caso
Ho visto in modo prepotente e spietato insorgere la malattia in Alberto e progredire in modo inesorabile alimentata proprio dall’amore che aveva per sua sorella con la quale aveva sempre avuto un rapporto speciale. Ho cercato in tutti i modi che conoscevo di arginare quella malattia che mi spaventava sempre di più fino a non riconoscere più mio figlio. Abbiamo cercato aiuto nelle istituzioni. Ci siamo imbattuti in una fredda e ignorante burocrazia. Indolente ma prepotente nel suo reiterato e pigro rifiuto di farsi carico del proprio ruolo di garanzia ed aiuto verso i cittadini in difficoltà.
Queste le parole della donna, che poi aggiunge:
Alberto è e sarà sempre mio figlio. Io e suo padre abbiamo assistito impotenti e soli alla sopraffazione spietata della sua devastante malattia. Caro procuratore, mio figlio nella sua oscura follia ci ha preannunciato il delitto. Noi abbiamo chiamato le forze dell’ordine. Abbiamo chiesto a chi doveva e ne aveva il potere di fermarlo e di curarlo. Quelle telefonate sono state registrate e sono agli atti del fascicolo. Perché ce le nega? Perché ci nega la semplice notizia dell’apertura di una indagine nei confronti di coloro che avrebbero potuto e dovuto intervenire ed evitare tutto questo? Ci dia quelle telefonate, per favore, perché voglio farle ascoltare a tutti. Abbiamo l’impressione che lo Stato pensi solo a difendere se stesso e che il sistema ha funzionato perfettamente. Le colpe sono tutte di Alberto e quindi rimane un problema familiare. Comodo, no? Ci dia quelle telefonate e vediamo poi cosa ne pensa chi le ascolta.