Antonio De Marco: la procura chiede un aggravamento della pena
Secondo il pubblico ministero, la condanna all’ergastolo di Antonio De Marco, reo confesso per il duplice delitto di Daniele De Santis ed Eleonora Manta, non è abbastanza. La procura ha infatti presentato un ricorso affinché la pena venga ulteriormente aggravata. Cosa sta succedendo nel caso.
Sono passati quasi due anni da quella sera del 21 settembre del 2020. Un giovane studente di scienze infermieristiche di 21 anni, Antonio De Marco, aveva deciso di compiere quel piano a lungo studiato per porre fine alla vita di Daniele De Santis ed Eleonora Manta.
Questi ultimi, secondo De Marco, erano troppo felici e quindi dovevano patire il più possibile.
Il delitto, duplice, si è consumato nel più efferato dei modi. 79 fendenti che hanno decretato il decesso dei due in pochi minuti di agonia.
Fermato dalle forze dell’ordine pochi giorni dopo, il 21enne è stato rinchiuso nell’istituto detentivo di Lecce.
La corte di Assise del Tribunale di Lecce ha emesso la sua sentenza di primo grado mesi fa, a giugno, condannando De Marco alla pena dell’ergastolo.
La procura, però, guidata dal pm Maria Consolata Moschettini, pensa che la pena non sia congrua ed ha presentato un ricorso ufficiale chiedendone un’inasprimento.
Cosa ha chiesto il pm per Antonio De Marco
In realtà si tratta di una richiesta che era stata presentata già durante la requisitoria nella prima parte del processo. Allora respinta, è stata richiesta di nuovo ora, in un ricorso ufficiale.
La suddetta richiesta prevedrebbe l’isolamento diurno per un anno. Pena da aggiungere all’ergastolo.
La procura si appella all’articolo 72, comma 1, che prevede un aggravamento della pena qualora si trattasse di un duplice delitto.
Nel ricorso, la procura ha ricordato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’applicazione da parte dei giudici delle aggravanti della premeditazione e della crudeltà del delitto.
Molto probabilmente, in Cassazione ricorreranno anche i legali di De Marco. Fin dall’inizio del processo la difesa punta al riconoscimento, per il proprio assistito, dell’infermità mentale, quanto meno parziale.
Durante il primo grado di giudizio, la Corte aveva tuttavia respinto la richiesta di infermità, ritenendo il ragazzo reo confesso pienamente in grado di intendere e volere.
Seguiranno aggiornamenti sulla vicenda.