Caso Yara, i giudici negano alla difesa di Bossetti di accedere ai reperti
Nuova sconfitta per Massimo Bossetti e i suoi legali
I difensori di Massimo Bossetti non potranno accedere ai reperti del processo che ha visto il muratore di Mapello venire condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. A negarlo è stata la Corte d’Assise di Bergamo che ha respinto l’istanza presentata dai due avvocati di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini che intendevano chiedere una revisione del processo, ancora fortemente convinti dell’innocenza del loro assistito.
I giudici della Corte d’assise di Bergamo, rigettando le richieste della difesa di Massimo Bossetti, hanno anche disposto, come chiesto in aula dal procuratore Antonio Chiappani, la trasmissione degli atti alla Procura di Venezia per le “opportune valutazioni”. Il magistrato aveva denunciato presunte scorrettezze da parte dei difensori di Bossetti. Saranno ora i magistrati veneziano a dover giudicare l’operato dei loro colleghi di Brescia.
Caso Yara, l’avvocato di Bossetti si lamenta della decisione
“Questo è il nostro Paese che dire? C’è un giudizio di rinvio della Cassazione molto chiaro che è stato nuovamente disatteso. Ottenere le cose più banali in Italia sembra la cosa più difficile al mondo. Ottenere giustizia sembra veramente qualcosa di incredibile. Io non voglio usare parole tratte dal libro ‘Il sistema’ ma penso che stiamo veramente lottando contro qualcosa più grosso di noi” – ha detto a Telelombardia Claudio Salvagni, uno dei legali di Bossetti.
“Bergamo per l’ennesima volta ha ritenuto di non accogliere nessuna nostra richiesta. Anzi c’è stata una richiesta di trasmissione degli atti dalla Procura di Bergamo alla Procura di Venezia in quanto gli avvocati avrebbero calunniato la Procura stessa. Quindi un ennesimo tentativo di imbavagliare, di zittire la difesa molto molto grave che a questo punto vedrà anche la difesa passare al contrattacco” – ha proseguito l’avvocato.
I difensori di Bossetti non potranno quindi né vedere né analizzare i reperti, neanche sapere come sono conservati. “C’è un no assoluto su tutto – ha rimarcato Salvagni -. E voglio chiudere dicendo che a pensar male si fa peccato ma a questo punto direi che è proprio il minimo quello di pensare male”.