“Cosa mi hanno fatto davvero lì dentro” Cecilia Sala racconta a Che Tempo Che Fa la sua detenzione le carcere di Evin

Cecilia Sala racconta la sua esperienza di prigionia in Iran, evidenziando gli interrogatori e la sua liberazione dopo 21 giorni di detenzione nel carcere di Evin.

La recente liberazione di Cecilia Sala, giornalista di Chora Media e del Foglio, dopo un periodo di detenzione in Iran, ha attirato l’attenzione dei media e del pubblico. Durante la sua prima apparizione televisiva dal carcere di Evin, Sala ha condiviso la sua esperienza con Fabio Fazio nel programma ‘Che tempo che fa’. Le sue parole evidenziano le emozioni contrastanti che ha vissuto durante la prigionia e il recupero successivo.

Inizialmente, Sala ha espresso la sua gratitudine per essere stata rilasciata dopo soli 21 giorni, un periodo che, secondo lei, è stato relativamente breve rispetto ad altre situazioni simili. Ha commentato come il suo recupero sia stato più rapido rispetto ad altri casi, rimarcando che la sua detenzione è stata tra le più veloci degli ultimi decenni. La giornalista ha anche raccontato di aver temuto di rimanere in carcere per un periodo più lungo, dato il contesto storico di arresti in Iran.

Il racconto della prigionia

Durante il suo intervento, Cecilia Sala ha descritto le difficoltà affrontate in carcere. Ha ricordato le ultime sere di detenzione in cui ha ricevuto alcuni beni personali come lenti a contatto, un libro e una compagna di cella. Questi elementi le hanno dato un senso di speranza e adattamento alla situazione. Tuttavia, ha anche rivelato che i suoi tentativi di leggere il Corano in inglese sono stati vani, in quanto le è stato negato. La reporter ha passato gran parte del tempo a contare le dita e a leggere gli ingredienti sulle buste di cibo, cercando di mantenere la mente attiva e occupata.

La routine quotidiana di Sala era caratterizzata da una solitudine profonda, nonostante la presenza di altri detenuti. Ha raccontato di come gli interrogatori, che si svolgevano ogni giorno, contribuivano a creare un’atmosfera di isolamento e paura. La mancanza di informazioni sul mondo esterno e la costrizione di essere incappucciata durante gli interrogatori hanno reso la sua situazione ancora più difficile da gestire.

Gli interrogatori: “Ero incappucciata, faccia al muro”

Cecilia Sala ha fornito dettagli inquietanti riguardo agli interrogatori subiti. Ha spiegato che questi eventi si svolgevano quotidianamente per un periodo di quindici giorni. Durante gli interrogatori, si trovava sempre da sola, incappucciata e costretta a mantenere il viso rivolto verso il muro. Questo trattamento ha contribuito a creare un senso di vulnerabilità e impotenza. Il giorno prima della sua liberazione, ha rivelato di essere stata interrogata per dieci ore da un’unica persona, il che ha ulteriormente aumentato la pressione psicologica a cui era sottoposta.

Inoltre, ha condiviso come la comunicazione con l’esterno fosse limitata. La prima telefonata concessa le ha permesso di informare che era stata arrestata e che stava bene, ma solo in un secondo momento è riuscita a inviare messaggi più dettagliati utilizzando un linguaggio in codice. La consapevolezza di non poter parlare liberamente del suo caso e delle condizioni di prigione rappresentava un ulteriore ostacolo nella sua vita quotidiana durante la detenzione.