È morto a Franco Ferrarotti

Franco Ferrarotti, padre della sociologia italiana, è scomparso a 98 anni. Ha avuto un impatto significativo sulla ricerca sociale e sulla formazione accademica in Italia e all'estero.

Franco Ferrarotti, figura di spicco nel panorama sociologico italiano, è venuto a mancare all’età di 98 anni a Roma. La conferma della notizia è stata fornita dai suoi collaboratori all’agenzia Adnkronos. Ferrarotti è riconosciuto come il padre della sociologia italiana e ha avuto un ruolo cruciale nel suo sviluppo accademico e istituzionale nel paese. La sua carriera ha abbracciato oltre sette decenni, durante i quali ha influenzato generazioni di studenti e ha contribuito a numerosi ambiti della ricerca sociale, rendendolo una figura di riferimento a livello internazionale.

Padre e decano della sociologia italiana

Franco Ferrarotti nacque a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926. Dopo aver conseguito la laurea in filosofia all’Università di Torino nel 1949, con una tesi dedicata alla sociologia di Thorstein Veblen, tradusse successivamente alcune opere di questo autore per la casa editrice Einaudi, su invito di Cesare Pavese. Professore emerito di sociologia all’Università “La Sapienza” di Roma, Ferrarotti si distinse per l’ottenimento della cattedra di sociologia nel 1961, in seguito alla vittoria del primo concorso per questa disciplina in Italia. Nel 1962, fu uno dei fondatori della Facoltà di sociologia presso l’Università di Trento, dove ricoprì una seconda cattedra.

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Ferrarotti intraprese ricerche pionieristiche riguardanti il sindacalismo, i movimenti sociali, la trasformazione del lavoro e la sociologia urbana, dedicando particolare attenzione alle dinamiche di legittimazione del potere all’interno di una società in continua evoluzione. La sua opera si concentrò anche sull’analisi dei fini e delle orientazioni culturali che caratterizzano la società industriale contemporanea.

Tra le sue realizzazioni più significative, Ferrarotti fondò nel 1951, insieme al filosofo Nicola Abbagnano, i “Quaderni di sociologia”, rivista di cui fu direttore fino al 1967. Nello stesso anno, diede vita alla rivista “La critica sociologica”, continuando a ricoprire il ruolo di direttore. Inoltre, a Ginevra, fu tra i fondatori del Consiglio dei Comuni d’Europa, dove si occupò di progetti di ricerca per l’Ocse a Parigi. Nel 1978, ottenne la nomina a direttore di studi presso la Maison des Sciences de l’Homme di Parigi. Ferrarotti ricevette numerosi riconoscimenti nel corso della sua carriera, incluso il Premio per la carriera dall’Accademia nazionale dei Lincei nel 2001 e il titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica nel 2005, conferito dall’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi. Era anche membro della New York Academy of Sciences e presidente onorario dell’Associazione Nazionale Sociologi.

Inoltre, Ferrarotti insegnò in numerose università internazionali, tra cui Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme. Le sue lezioni all’Università di Roma hanno lasciato un segno indelebile in generazioni di studenti. Le sue posizioni critiche sui temi politici e sociali del paese sono state spesso oggetto di discussione a partire dagli anni ’60 fino ai giorni nostri. La sua prolifica attività di ricerca è testimoniata da una vasta produzione scritta che ha continuato a pubblicare anche oltre i novant’anni. Recentemente, tra il 2019 e il 2020, l’editore Marietti ha pubblicato l’Opera omnia di Ferrarotti, un’opera monumentale composta da sei volumi per un totale di cinquemila pagine.

Prima di intraprendere la carriera accademica, Ferrarotti collaborò strettamente con l’imprenditore Adriano Olivetti dal 1948 al 1960, contribuendo alla stesura del progetto politico e sociale di Comunità. Fu anche deputato indipendente nel Parlamento durante la terza legislatura, rappresentando il Movimento di Comunità fondato da Olivetti, di cui assunse la guida dopo le dimissioni di quest’ultimo. Su questa esperienza pubblicò l’opera “Un imprenditore di idee. Una testimonianza su Adriano Olivetti” e il libro “Nelle fumose stanze. La stagione politica di un ‘cane sciolto'”.

Le opere

Franco Ferrarotti ha lasciato un’impronta indelebile nella sociologia italiana attraverso numerose opere significative. Tra i suoi testi più noti si annoverano “Sindacati e potere” (1954), “La protesta operaia” (1955), “La sociologia come partecipazione” (1961), “Max Weber e il destino della ragione” (1965), “Trattato di sociologia” (1968) e “Roma da capitale a periferia” (1970). Altre opere di rilievo comprendono “La sociologia del potere” (1972), “Vite di baraccati. Contributo alla sociologia della marginalità” (1974), “Studenti, scuola, sistema” (1976), “Giovani e droga” (1977), “Alle radici della violenza” (1979), “La società come problema e come progetto” (1979) e “Il paradosso del sacro” (1983).

La sua produzione saggistica non si è arrestata negli anni successivi, con titoli come “L’Italia in bilico” (1990), “Roma madre matrigna” (1991), “I grattacieli non hanno foglie” (1991), “Mass media e società di massa” (1992), “La tentazione dell’oblio: razzismo, antisemitismo e neonazismo” (1993), “Homo sentiens: giovani e musica” (1995) e “Rock, rap e l’immortalità dell’anima” (1996). Altri lavori significativi includono “L’Italia tra storia e memoria” (1997), “La verità? È altrove” (1999), “Il potere” (2004), “La televisione” (2005), “America oggi. Capitalismo e società negli Stati Uniti” (2006) e “Vita e morte di una classe dirigente” (2007), tra gli altri.

Nel 2010, Ferrarotti ha affrontato il ruolo della sociologia nel volume “Perché la sociologia?”, intervistato da Umberto Melotti e Luigi Solivetti. Nel 2012, ha pubblicato il testo autobiografico “Atman. Il respiro del bosco” e il saggio “Un popolo di frenetici informatissimi idioti”. Nel 2013, ha presentato “La religione dissacrante. Coscienza e utopia nell’epoca della crisi” e, nel 2020, ha pubblicato “Dalla società irretita al nuovo umanesimo”.

Durante la sua carriera, Ferrarotti ha esaminato la razionalità che caratterizza le società moderne, ponendo l’accento sui limiti della razionalità puramente tecnica e discutendo il passaggio verso una razionalità sostanziale. Ha ripreso criticamente le lezioni del marxismo, escludendo meccanicismi e semplificazioni, e ha analizzato le questioni legate all’orientamento culturale della società industriale. La sua opera si è concentrata anche sulla polarità razionale-irrazionale, mantenendo un approccio critico e riflessivo su questi temi, senza cadere in facili categorizzazioni o visioni catastrofiste.