Giada Zanola era ancora viva quando è stata gettata dal cavalcavia? Arrivati i primi risultati dell’autopsia, ecco quanto è emerso
Diffusi i primi risultati dell'esame autoptico effettuato sul corpo senza vita di Giada Zanola
Emersi i risultati preliminari dell’autopsia effettuata venerdì sul corpo senza vita di Giada Zanola, la giovane mamma precipitata dal cavalcavia dell’A4. Il medico legale Claudio Terranova, incaricato dalla Procura di Padova, ha stabilito che con elevate probabilità la ragazza era ancora viva prima di cadere per 15 metri ed essere investita da un tir in corsa.
Nessun segno di violenza sul corpo di Giada Zanola, nessuna conferma dei sospetti degli inquirenti. Quest’ultimi avevano ipotizzato che il compagno Andrea Favero, al momento unico accusato del delitto, potesse aver tolto la vita alla madre di suo figlio, per poi gettarla dal cavalcavia. Un’ipotesi nata dall’enorme difficoltà di sollevare un corpo oltre la ringhiera alta circa due metri, mentre si divincola nel tentativo di difesa. L’autopsia ha tuttavia smentito la possibilità che Giada fosse morta, ma non è escluso che l’uomo possa averla tramortita.
Il Gip ha disposto la misura cautelare per l’accusato, che si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia. Andrea Favero è rimasto in silenzio davanti al giudice, dopo che aveva rilasciato dichiarazioni contraddittorie agli inquirenti. Al momento del fermo, l’uomo ha prima negato di trovarsi con Giada sul cavalcavia, per poi raccontare di averla seguita con l’auto dopo una discussione avvenuta all’interno della loro abitazione. Ha infine dichiarato di non ricordare altro, se non di essere tornato a casa a dormire: “Un vuoto di memoria”.
Le indagini proseguono, diversi testimoni hanno raccontato dei continui litigi tra Giada e Andrea. La giovane mamma aveva deciso di rimandare le nozze fissate per il prossimo settembre. Le amiche della vittima hanno testimoniato le confidenze della ragazza, aveva paura del suo compagno, con il quale viveva ormai separata in casa. Era terrorizzata dalla possibilità che lui potesse mettere in rete dei video intimi, li usava per ricattarla. La polizia postale sta indagando sui fatti, ma gli agenti non sono riusciti ancora a trovare il telefono di Zanola.
Giada aveva anche il terrore che il padre di suo figlio la drogasse. Un altro dettaglio importante che verrà chiarito dai risultati degli esami tossicologici, per i quali però bisognerà attendere almeno un mese.