Il freno della funivia Stresa-Mottarone disattivato per motivi economici
Un quadro davvero agghiacciante
Il freno della funivia Stresa-Mottarone era stato disattivato in maniera consapevole. Si prevedeva una giornata di grandi incassi e non c’era il tempo di controllare il motivo di quei blocchi continui. Così, per motivi economici, lo avevano bloccato ed è per questo che non è entrato in funzione durante il tragico incidente che ha portato alla morte di 14 persone.
Olimpia Bossi, procuratore che si occupa delle indagini del tragico incidente avvenuto sulla funivia Stresa-Mottarone, spiega che Luigi Nerini, titolare della società Ferrovie del Mottarone che ha in gestione l’impianto, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, direttore dell’esercizio e capo servizio della funivia, hanno consapevolmente disattivato il freno d’emergenza.
Durante l’interrogatorio gli investigatori li hanno sottoposti, i tre hanno ammesso ogni responsabilità. Sono ora accusati in concorso di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e di rimozione degli strumenti idonei per prevenire infortuni, con l’aggravante del disastro e delle lesioni gravissime.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Enrico Perocchio avrebbe detto di non essere a conoscenza del fatto e di non aver autorizzato l’utilizzo della funivia in quel modo. Per oggi, invece, è previsto il conferimento dell’incarico per la maxi consulenza agli ingegneri del Politecnico di Torino.
I tre indagati, secondo l’accusa, avrebbero lasciato inserito il forchettone, un dispositivo che impedisce al freno di emergenza di funzionare correttamente in caso di bisogno. La funivia continua a bloccarsi per dei guasti e non avevano il tempo di attendere un intervento tecnico.
Freno della funivia Stresa-Mottarone disattivato per non interrompere il servizio
Secondo quanto emerso, Nerini aveva chiesto la soluzione del problema, ma questo avrebbe dovuto bloccare la funivia a lungo. I tre, convinti che la rottura della fune fosse un fatto poco probabile, hanno deciso di disattivare il freno d’emergenza così da evitare i blocchi.
Nessun errore umano per i magistrati. Ma la “deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico. E in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza, finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita dei soggetti trasportati“. I tre rimangono nel carcere di Verbania, perché si ha paura che possano scappare.