Le prime parole di Matteo Messina Denaro dal carcere: “Vi prego di poter essere curato con le migliori terapie”
Sarebbe apparso spaventato, gentile e garbato. È così che i medici avrebbero descritto Matteo Messina Denaro dopo la prima chemioterapia
Arrivano le prime notizie dal penitenziario de L’Aquila. Matteo Messina Denaro è stato sottoposto ad una prima seduta di chemioterapia e avrebbe confessato ai medici le sue preoccupazioni per il tumore al colon.
Le prime parole del boss, secondo quanto riferito dagli stessi medici, sarebbero state quelle di un uomo preoccupato e spaventato, che li avrebbe trattati con toni garbati e gentili:
“Non ho avuto un’educazione culturale, ma ho letto centinaia di libri. Sono informato sulle cure, vi prego di poter essere trattato con farmaci e terapie migliori”.
Il boss avrebbe chiesto all’equipe medica di essere curato con farmaci speciali utilizzati in Israele. E gli stessi medici, lo avrebbero rassicurato, informandolo che saranno seguite le procedure all’avanguardia come da protocolli internazionali.
Matteo Messina Denaro: un uomo con la paura di morire
Un uomo con la paura di morire, così è stato descritto da quelle uniche persone in camice bianco con le quali il boss ha parlato. Avrebbe perfino precisato di non essere quella persona che viene descritta in tv, indicando il Tg in onda sullo schermo della televisione. Quella stessa televisione che Matteo Messina Denaro non avrebbe guardato dal giorno dell’arresto.
Nessuno della sua famiglia si è ancora recato in prigione per un colloquio. Il suo avvocato avrebbe fatto una sola telefonata. Il boss se ne starebbe nella sua cella con due telegrammi, che continuerebbe a leggere e rileggere.
Nelle prossime settimane, verrà sottoposto ad un secondo ciclo di chemioterapia. È stato riferito che il boss avrebbe risposto bene alle prime cure e che avrebbe avuto, come conseguenza, solo qualche problema gastrointestinale.
Nel frattempo, gli inquirenti continuano a cercare importanti indizi nei suoi covi e stanno cercando di individuare la rete di persone che lo ha aiutato in questi ultimi 30 anni di latitanza.
Hanno travato, in uno dei suoi nascondigli, una revolver calibro 38, carica e 20 cartucce.