“L’ho tenuto per..” Moussa Sangare, in una confessione l’ultima follia dell’assassino di Sharon Verzeni
Durante l'interrogatorio tenutosi oggi, lunedì 2 settembre, Moussa Sangare ha confessato agli inquirenti di aver conservato l'arma del delitto di Sharon Verzeni come ricordo
Nella giornata di oggi, lunedì 2 settembre, si è tenuto l’interrogatorio di Moussa Sangare. Ovvero, il killer reo confesso della giovane barista Sharon Verzeni, uccisa a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso.
Una confessione rilasciata dopo circa un mese di intense indagini condotte da parte degli investigatori. Indagini poi culminate con l’identificazione dell’assassinio grazie all’azione congiunta di due testimonianze e di un video che lo ritraeva nella zona limitrofa al delitto. Una volta identificato dagli inquirenti e condotto in caserma, il trentenne ha confessato il delitto. Il giovane ha rivelato che era uscito proprio con l’intenzione di “fare del male a qualcuno” ed in effetti così è stato.
Sempre nel corso della confessione, Moussa Sangara aveva rivelato il luogo in cui aveva nascosto l’arma del delitto, ovvero nei pressi del fiume Adda. In realtà, in occasione dell’interrogatorio tenutosi oggi dinanzi alla giudice delle indagini preliminari Raffaella Mascarino, Sagare avrebbe confessato di non avere buttato l’arma nel fiume. Il motivo? “Perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo”.
Convalidato il fermo a Moussa Sangare e riconosciutagli l’aggravante della premeditazione
Si è tenuto oggi l’interrogatorio a Moussa Sangare, il killer di Sharon Verzeni. Al termine, la gip ha convalidato il fermo e riconosciuta l’aggravante della premeditazione. Queste le sue parole in merito:
“Seppure le motivazioni addotte dall’indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l’omicidio però la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto e in quelli immediatamente successivi come l’aver tagliato i capelli, aver modificato la bici, essersi disfatto dei coltelli e degli abiti usati al momento del delitto – evidenziano uno stato mentale pienamente integro“.
In aggiunta a tale dichiarazione, si prende atto del fatto che l’uomo, subito dopo l’arresto, sia stato condotto al reparto di psichiatria del carcere. Qui “i medici non hanno rilevato alcuna traccia di patologia psichiatrica né remota né recente”.
Nell’ordinanza redatta dalla gip si specifica inoltre che l’omicidio è stato compiuto “nella più totale assenza di qualche comprensibile motivazione. Il tutto è avvenuto in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa”.
La giudice prosegue inoltre affermando:
“L’omicidio sembra commesso da un soggetto che, spesso in preda alla noia, non avendo stabile attività lavorativa, impregnato dai valori trasmessi” da un genere musicale “che esalta la violenza, il sesso estremo, l’esigenza di prevalere attraverso la soggezione sugli altri appartenenti a un gruppo e in generale della società” come la trap e “che aveva architettato come passatempo quello di lanciare coltelli a una rudimentale sagoma di cartone, con apposto alla cima un cuscino su cui era disegnato un volto umano” sarebbe stato assalito “dal desiderio di provare realmente emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina” alla quale poi è seguito “uno stato di benessere e relax”.
Infine, una considerazione personale resa dalla gip stessa:
“Il pensiero che l’esistenza di una giovane donna sia stata stroncata per soddisfare motivazioni di questo genere lascia francamente attoniti”.