Liliana Resinovich: sequestrati i cellulari del marito Sebastiano e dell’amico Claudio
Posti sotto sequestro i telefoni di Sebastiano e Claudio, rispettivamente il marito e l'amico di Liliana Resinovich
Continuano le indagini sul caso di Liliana Resinovich, sequestrati i dispositivi del marito Sebastiano e dell’amico Claudio.
Sono trascorsi 18 mesi dal giallo della donna scomparsa e poi trovata senza vita in un boschetto. Il Gip ha rigettato la richiesta di archiviazione e disposto ulteriori indagini su ben 25 punti della vicenda mai chiariti.
La Squadra Mobile di Trieste ha posto sotto sequestro i cellulari di Sebastiano Visintin e Claudio Sterpin.
Il Procuratore Capo, nel frattempo, avrebbe già nominato un perito medico legale. Spetterà al professionista la decisione sulla riesumazione del corpo senza vita di Liliana Resinovich.
La famiglia continua a lottare e chiedere che venga fatta luce sulla verità. Una richiesta che il giudice ha accolto, rifiutando invece la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura.
Sono diverse le lacune che hanno portato all’attenzione del gip. Compresi i telefoni cellulare dei due uomini presenti nella vita della donna, che erano stati intercettati, ma mai sequestrati.
La nuova indagine si concentra su un delitto volontario, ma al momento nessuno è stato ancora iscritto nel registro degli indagati.
La relazione tra Claudio e Liliana Resinovich raccontata dall’uomo
Sono emerse anche nuove dichiarazioni da parte dell’amico Claudio, che dopo la scomparsa di Liliana aveva raccontato della loro relazione segreta e del loro desiderio di condividere la vita insieme. Tuttavia l’uomo ha parlato della presenza di alcuni luoghi d’incontro, dei quali Lily aveva le chiavi, solo oggi. Una soffitta, una cantina, una sede e un furgone.
Era un modo per stare lontani dagli altri. Ho rivelato della presenza di quei nostri posti perché qualcuno ha dubitato della mia relazione profonda. Quindi ho portato le prove. Il furgone era mio, poi l’ho venduto a mille euro alla società Atletica Trieste. Lo usavo un paio di volte a settimana per vedermi con Liliana. Una volta ci incontravamo sul furgone, una volta in via Pondares oppure in via Giulia o in via Slataper. Lei aveva le chiavi della cantina, della soffitta e anche della sede in via Pondares.