Mattia Maestri, il “paziente 1”, racconta la sua esperienza in prima persona
Il racconto di Mattia Maestri, il "paziente 1", dopo due mesi dalla sua spaventosa esperienza
Mattia Maestri è ormai conosciuto come il paziente 1, il trentottenne di Codogno, ricoverato in gravi condizioni in terapia intensiva. Il primo paziente ad aver contratto il Coronavirus, il primo di una lunga serie. Le condizioni di Mattia erano critiche e la sua situazione lasciava poche speranze. Anche la sua compagna, in dolce attesa, era risultata positiva al Coronavirus.
Diversi giorni fa, è giunta la lieta notizia che Mattia ce l’ha fatta e che ha vinto la sua battaglia. Non solo, il 38enne è diventato papà di una bellissima bambina.
Mattia, Valentina e la piccola Giulia stanno bene e sono tornati a casa, tutti insieme.
Dopo due mesi da quella spaventosa esperienza, il paziente 1 ha voluto parlare e raccontare la sua esperienza in prima persona.
Era il 17 febbraio, quando quella improvvisa febbre lo costrinse ad andare al pronto soccorso. Una polmonite, questa la diagnosi iniziale. Mattia è tornato a casa, ma nonostante la cura, si ritrovò costretto a riandare in ospedale.
“Sono svenuto a Codogno e mi sono risvegliato dopo 20 giorni. La pandemia mi ha trasformato in un simbolo per l’Europa. Due mesi sconvolgenti, molto più che inimmaginabili, altro che un film. Mi sono ammalato all’improvviso, sono arrivato ad un passo dalla morte e sono risorto. Sono rimaste contagiate e sono guarite mia moglie e mia mamma. Il virus sconosciuto ha ucciso mio padre. È nata infine Giulia, la nostra prima figlia. Ho imparato a resistere, a credere nella differenza tra fiducia e utopia, a considerare essenziale ogni instante di normalità”.
Mattia da questa esperienza ha imparato una lezione molto importante: quanto sia preziosa la vita.
Gli è stata data una seconda possibilità di vivere, di conoscere la sua bambina, di diventare padre e di avere una famiglia.
“La vita e la morte senza offrirci l’opportunità di percepirlo, ogni giorno si sfiorano in silenzio”.
“È difficile, dopo questa esperienza, fare un racconto di quello che mi è successo. Ero incosciente, sognavo ma non ricordo più cosa. Non soffrivo, però avevo la netta percezione che quella pace fosse l’anticamera della morte“.
“La vita è stata più forte. Mia figlia è la nostra speranza”.