Olindo spiegò al consulente Picozzi il perché lui e Rosa appiccarono il fuoco dopo la strage di Erba
A colloquio con il consulente Picozzi, Olindo spiegò il perché lui e Rosa appiccarono il fuoco dopo la strage
Era il 24 febbraio del 2007 quando Olindo Romano, durante un colloquio con il consulente Massimo Picozzi, si apriva e raccontava dei dettagli inquietanti sulla strage di Erba di cui, in quel momento, si proclamava responsabile insieme alla moglie Rosa Bazzi. A colpire maggiormente, tra le altre cose, la spiegazione sul perché lui e la sua consorte avessero dato fuoco alla casa Castagna Marzouk.
Uno dei casi più controversi della storia giudiziaria italiana, quello sulla strage di Erba, potrebbe riaprirsi nei prossimi mesi, a 18 anni dal giorno in cui la stessa mattanza è stata compiuta. Per essa sono stati condannati nel 2011 e in via definitiva all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Soprattutto nei primi mesi, le dichiarazioni fornite dai due sono state discordanti e contraddittorie. Sono passati da una piena confessione alla proclamazione di innocenza.
Il 24 febbraio del 2007 in particolare, durante un colloquio con il consulente Massimo Picozzi, Romano fornì un racconto incredibilmente dettagliato sulla strage, ammettendo che fossero stati lui e sua moglie e che non provava alcun rimorso per quanto fatto.
Una mattanza compiuta, a detta sua, senza provare alcuna sensazione, né piacere, né disgusto. Per lui “una cosa normalissima, come ammazzare un coniglio“.
Un dettaglio che ha colpito molto allora e che lascia sgomenti anche oggi, è la spiegazione di Romano sui motivi per cui lui e sua moglie Rosa diedero fuoco all’abitazione:
Mia moglie pensava, ma io non ci credo molto a questa cosa, che (Raffaella Castagna ndr) le avesse fatto fare qualche maleficio da parte di qualcuno. Allora l’unica cosa per distruggere tutto era il fuoco, bruciare. E allora abbiamo dato fuoco.
A detta di Olindo le fiamme, dunque, non furono appiccate per cancellare le prove. Anche perché, dice, erano stati attenti, indossando guanti e non lasciando altre prove in giro.