Omicidio Vannini, la Cassazione: “Se fosse stato soccorso, Marco sarebbe vivo”

La morte di Marco Vannini "sopraggiunse dopo il colpo di pistola ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli che rimase inerte ostacolando i soccorsi".

La Cassazione torna a parlare sull’omicidio di Marco Vannini:Se fosse stato soccorso sarebbe vivo”.

Non ci sono dubbi, la morte di Marco Vannini “sopraggiunse dopo il colpo di pistola ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli che rimase inerte ostacolando i soccorsi e fu la conseguenza sia delle lesioni causate dallo sparo che della mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto“.

A dichiararlo è la Cassazione nelle motivazioni della decisione dello scorso 7 febbraio che ha disposto l’appello bis per Antonio Ciontoli, ricordiamo che la sua pena era stata ridotta da 14 anni a 5.

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I giudici della prima sezione penale della Cassazione scrivono in una nota che Antonio Ciontoli era consapevole di aver sparato un colpo di pistola e di aver colpito Marco con un proiettile che era rimasto all’interno del corpo, rappresentando così la possibilità di morte.

Non chiamò immediatamente i soccorsi per occultare le proprie responsabilità: “A fronte della chiamata fatta dal figlio, rassicurando i soccorritori sul fatto che non serviva un loro intervento”.

Ricordiamo che Marco Vannini la sera del 17 maggio 2015, si trovava nella casa della famiglia Ciontoli a Ladispoli, un centro urbano che si trova sul litorale a nord di Roma.

Durante la condanna di primo grado, la Cassazione ha ricordato che Antonio Ciontoli fu condannato a 15 anni di reclusione per omicidio perché nonostante avesse ferito il ragazzo, aveva fatto ritardare i soccorsi e riferito agli operatori del 118 e al personale paramedico informazioni false e fuorvianti, accettandone così il rischio di decesso che avvenne nella notte del 18 maggio 2015 alle ore 3 per anemia acuta meta emorragica.

In primo grado furono condannati i suoi figli Federico e Martina, sua moglie Maria Pezzillo a tre anni di reclusione ciascuno per aver assistito al progressivo peggioramento delle condizioni di salute di Marco e di non aver fatto nulla.

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Da non dimenticare le registrazioni in cui si sente il ragazzo lamentarsi ad alta voce. In appello, l’omicidio di Vannini fu qualificato come colposo e la pena per Antonio Ciontoli si ridusse a 5 anni mentre quella dei suoi familiari è rimasta invariata.