Ottavo rinvio dell’udienza per l’estradizione del padre di Saman Abbas
Di nuovo, è accaduto per l'ottava volta. Il legale del padre di Saman Abbas non si è presentato in aula, ma ha depositato un'istanza
Ottavo rinvio per l’estradizione del padre di Saman Abbas. Anche questa volta, il legale di Shabbar Abbas non si è presentato all’udienza. Per otto volte consecutive, il Pakistan ha fatto sapere all’Italia del rinvio a nuova data.
Si tratta di una strategia o meglio una “farsa” per far in modo che Shabbar non arrivi in Italia per l’inizio del processo per il delitto della figlia Saman Abbas? Processo che inizierà il prossimo 10 febbraio.
Ormai è questa la convinzione degli italiani e di coloro che da oltre un anno e mezzo lottano per dare giustizia alla 18enne pakistana, morta a causa della sua famiglia. Cosa inventeranno domani 26 gennaio, la data stabilita per il rinvio dell’udienza? Forse, la risposta è ormai scontata.
E non si tratta dell’unica notizia arrivata dal Pakistan. Il legale del padre di Saman non si è presentato all’udienza, tuttavia ha presentato un’istanza di rilascio con cauzione. Sarà ora il giudice del tribunale pakistano a decidere, durante l’udienza, dopo aver ascoltato la parte, se accettare o rifiutare la richiesta.
Le parole del legale dell’associazione Penelope, parte civile nel processo di Saman Abbas
Barbara Iannuccelli, avvocato dell’associazione Penelope, parte civile nel processo di Saman, ha commentato così quanto sta accadendo:
Io l’ho sempre detto dall’inizio. Non ho una visione ottimistica. Spero che questi rinvii non siano stati decisi per arrivare a un termine in cui debbano liberare Shabbar per scadenza dei termini massimi relativamente alla sua detenzione. Spero, invece, che possa appartenere ad una abitudine del rito pakistano.
C’è un detenuto che viene portato e riportato in prigione. Se fosse accaduta da noi una roba del genere sarebbe già stata aperta un’inchiesta. Non so dunque neanche quanto stiano facendo l’interesse dello stesso Shabbar. Non ho la palla di vetro, ma ad oggi non sono ottimista. L’Italia non ha uno strumento di imposizione legale che possa utilizzare come quando ci sono i patti bilaterali. In questo caso viene tutto rimesso alla discrezionalità e io non la vedo molto bene questa situazione.