Otto medici indagati per la morte del piccolo Giacomo Saccomanno
Secondo l'accusa, la morte di Giacomo Saccomanno è dovuta ad un pacemaker istallato al contrario
Otto medici delle strutture dell’ospedale Bambino Gesù di Taormina e Roma, sono indagati per la morte del piccolo Giacomo Saccomanno. Il piccolo, nato a settembre del 2016 in Sicilia con un difetto congenito al cuore, è morto il 3 gennaio del 2019. Nei quasi tre anni di vita, Giacomo aveva ricevuto cure ed interventi da dottori che, secondo l’accusa, hanno agito con negligenza.
Rischiano grosso gli otto dottori che, tra Taormina e Roma, hanno avuto a che fare con questo caso, finito purtroppo tragicamente. Il prossimo 15 settembre, nei confronti dei suddetti, si svolgerà l’incidente probatorio, davanti al GIP, Andrea Fanelli. L’accusa per loro è quella di omicidio colposo.
La storia di Giacomo inizia in salita già il giorno della sua nascita. Il 14 settembre 2016, infatti, viene al mondo e da subito riscontra un blocco atrioventricolare congenito.
Già il giorno successivo, secondo l’accusa, avviene il primo sbaglio dei medici che lo hanno in cura nella sede di Taormina del Bambino Gesù. Proprio il 15 settembre, i primi tre degli 8 medici indagati, effettuano il primo intervento sul piccolo, che gli istallano, secondo il PM, un pacemaker nel verso sbagliato. Operazione che comporterà una sorta di strangolamento della arteria con il passare tempo.
Giacomo Saccomanno passa in cura al Bambino Gesù di Roma
Da quel momento in poi, le cure e i controlli del piccolo, saranno effettuati nella sede romana dell’ospedale Bambino Gesù. In ben tre casi, sempre secondo il PM, avvengono delle mancanze dei dottori che, a seguito di ricoveri del bambino, non approfondiscono la cosa e fanno trascorrere altro tempo, complicando le condizioni di Giacomo.
Il 26 aprile del 2018, altri due dottori, esaminano una radiografia che, pur riscontrando una posizione elevata degli elettrodi, non li porta ad effettuare nessun approfondimento.
Cinque mesi più tardi, il 27 settembre 2018, il bimbo viene visitato di nuovo e il cardiologo riscontra una lieve dilatazione del ventricolo. A seguito della diagnosi, non viene disposto alcun esame aggiuntivo.
Passano altri 3 mesi e il 21 dicembre, un’altra cardiologa dispone un intervento ma senza effettuarlo con urgenza. La dottoressa dimetterà il piccolo, rimandandolo a casa, in Sicilia.
Il 31 dicembre dello stesso anno, inizia l’ultimo tragico capitolo di Giacomo Saccomanno. Il bambino si sente male e viene portato all’ospedale di Polistena. La situazione critica impone un suo immediato trasferimento a Roma dove, però, secondo i genitori, non c’era alcuna equipe medica pronta ad effettuare l’intervento.
L’intervento avverrà 24 ore più tardi. Altri ritardi, altre attese che, alla fine, si riveleranno letali. Giacomo morirà due giorni più tardi, il 3 gennaio del 2019.
La replica dell’Ospedale
A tutte le accuse ricevute, è arrivata una replica da parte della direzione dell’Ospedale. In una nota ha dichiarato:
Non esiste nessun pacemaker “messo al contrario”. L’affermazione non ha alcun senso dal punto di vista clinico e non trova riscontro negli accertamenti finora effettuati. Vi è stata, invece, una complicanza che si registra in pochissimi casi e risolvibile chirurgicamente. L’intervento era già programmato. Ma il bambino purtroppo, in attesa di tornare a ricovero, ha contratto un virus e poi una polmonite che gli è risultata fatale. L’ospedale è vicino alla famiglia e fiducioso del lavoro della magistratura
Seguiranno aggiornamenti.