Saman Abbas, per la prima volta il padre Shabbar ha partecipato al processo in videocollegamento
Shabbar, padre di Saman Abbas, per la prima volta è apparso in aula in videocollegamento dal carcere: si attende un interprete
Per la prima volta, dopo tanti rinvii, il padre di Saman Abbas ha partecipato in videocollegamento al processo. Le sue dichiarazioni, in attesa di un interprete, non sono ancora state rese note.
L’uomo era fuggito in Pakistan con la moglie Nazia, l’unica oggi ancora latitante, subito dopo la scomparsa di Saman Abbas.
Shabbar è stato arrestato nel suo paese nel 2022 ed è attualmente detenuto a Islamabad. L’Italia ha richiesto l’estradizione, ma il Pakistan non ha ancora dato il consenso. Per oltre 10 volte, l’udienza è stata rimandata.
Qualche settimana fa, Shabbar aveva fatto sapere tramite il suo legale che era disposto a partecipare a distanza al processo. Le speranze che accadesse davvero erano ormai poche, ma ieri il padre della 18enne pakistana ha partecipato all’udienza in videocollegamento, con indosso una camicia bianca e una mascherina ffp2.
“È stata dura, ma finalmente ce l’abbiamo fatta”, questo il commento del giudice Cristina Beretti.
Il padre di Saman Abbas continua a dichiararsi innocente
Shabbar Abbas ha sempre dichiarato di essere innocente, puntando il dito contro lo Stato italiano e il fidanzato della figlia. Ribadisce che Saman si trova in Belgio e che è viva. Ma il corpo della 18enne pakistana è stato rinvenuto in un terreno situato vicino ad un casolare abbandonato a Novellara, dopo l’indicazione dello zio Danish.
Quest’ultimo è detenuto in Italia ed è considerato il mandante del delitto. Tuttavia, anche lui continua a ribadire di essere innocente. Ha ammesso di aver partecipato alla sepoltura della nipote e che i due cugini lo hanno svegliato quando era ormai già morta. Una versione poco credibile per l’accusa.
Sono 5 i familiari finiti a processo. Lo zio e i due cugini, il padre Shabbar e la madre Nazia, l’unica ancora latitante e colei che è considerata la “traditrice”. Dalle indagini è emerso che era stata proprio la donna a convincere Saman a tornare a casa, promettendole che l’avrebbe aiutata a riprendersi la sua libertà da quel matrimonio combinato. Una “trappola“, secondo l’accusa, ben studiata per punire la figlia.