“È il primo campanello da allarme, da non ignorare” il primo sintomo dell’Alzheimer: fate attenzione a questa cosa

Uno studio rivela che fino a un terzo dei casi di demenza è legato alla perdita dell'udito, suggerendo l'importanza di interventi precoci per ridurre il rischio di malattia.

L’Alzheimer rappresenta la forma di demenza più comune a livello globale, con proiezioni che indicano un aumento esponenziale dei casi entro il 2050. Questo incremento è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione. Nonostante le cause precise della malattia rimangano in gran parte misteriose, si ritiene che l’accumulo di proteine tossiche, quali la beta-amiloide e la tau, nel cervello giochi un ruolo cruciale, contribuendo alla formazione di placche e grovigli che danneggiano le sinapsi e causano la morte dei neuroni. La malattia inizia a compromettere la funzione cerebrale molto prima che i sintomi clinici, come la perdita di memoria e i disturbi del linguaggio, diventino evidenti. Questo spiega perché, al momento della diagnosi, la malattia abbia già avuto un impatto significativo sulle capacità cognitive e sulla memoria. La scarsa efficacia dei pochi farmaci disponibili per il trattamento è probabilmente legata a questo stadio avanzato della malattia al momento della diagnosi.

Recenti ricerche condotte dalla Lancet Commission hanno rivelato che intervenire su determinati fattori di rischio legati allo stile di vita potrebbe ritardare o addirittura prevenire fino al 40% dei casi di demenza nelle persone oltre i 70 anni. Tra i fattori di rischio identificati figurano il fumo, la sedentarietà, l’abuso di alcol, l’ipertensione, il diabete, l’obesità, l’isolamento sociale, la depressione, il colesterolo alto, traumi cranici, bassi livelli di istruzione e inquinamento atmosferico. Un ulteriore aspetto significativo è rappresentato dalla perdita dell’udito, che, se non trattata, contribuisce a un aumento del rischio di demenza.

Un caso su 3 di demenza è legato al calo dell’udito

Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra ipoacusia e incremento del rischio di demenza. Le persone che presentano un calo dell’udito superiore a 25 dB hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare demenza, con un aumento di rischio fino a cinque volte per coloro che soffrono di una perdita uditiva moderata o grave. Recentemente, la Lancet Commission ha stimato che circa l’8% dei casi di demenza possa essere attribuito a problemi di udito. Tuttavia, una nuova ricerca condotta dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health ha suggerito che il ruolo della perdita uditiva potrebbe essere sottovalutato. Gli scienziati hanno affermato che quasi un terzo dei casi di demenza potrebbe essere associato a questa problematica, suggerendo che un intervento precoce per affrontare la perdita dell’udito potrebbe ritardare significativamente lo sviluppo della malattia.

Il collegamento tra ipoacusia e demenza è stato analizzato in uno studio che ha monitorato un campione di 2.946 persone con un’età media di 75 anni. I risultati del follow-up, durato otto anni, hanno rivelato che il 32% dei casi di demenza era correlato a problemi di udito. Il rischio di sviluppare la demenza era del 16,2% per coloro con lieve perdita uditiva e del 16,6% per quelli con perdita moderata o grave, dimostrando che l’impatto dell’ipoacusia non è necessariamente proporzionale alla sua gravità. Inoltre, è emerso che le donne presentavano un rischio leggermente più elevato rispetto agli uomini.

La relazione tra calo dell’udito e demenza

La dott.ssa Isolde Radford, esperta di Alzheimer, ha commentato che esistono evidenze solide che collegano la perdita dell’udito in età avanzata a un rischio maggiore di demenza. Tuttavia, rimane da chiarire se la perdita uditiva sia una causa diretta della demenza o se contribuisca ad altre condizioni che aumentano il rischio. Lo studio in questione ha fornito ulteriori prove sul legame tra ipoacusia e demenza, suggerendo che intervenire per combattere la perdita dell’udito potrebbe essere una strategia efficace per proteggere la salute cerebrale.

Un controllo dell’udito dopo i 40 anni

Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 466 milioni di persone nel mondo soffrono di ipoacusia, un numero destinato a raddoppiare entro il 2050. Con l’invecchiamento della popolazione, la questione dell’udito sta diventando sempre più rilevante. I ricercatori hanno sottolineato l’importanza di includere controlli dell’udito nel programma di assistenza sanitaria per tutte le persone oltre i 40 anni. Un intervento così semplice potrebbe aiutare milioni di individui a identificare precocemente la perdita dell’udito e ad adottare misure correttive, come l’uso di apparecchi acustici, riducendo così il rischio di demenza.

Inoltre, la Lancet Commission ha emesso 13 raccomandazioni per cittadini e governi, invitando a garantire l’accesso agli apparecchi acustici per chi ne ha bisogno e a promuovere iniziative per ridurre l’esposizione a rumori dannosi. Tali misure potrebbero contribuire significativamente a migliorare la salute degli anziani e a prevenire la demenza.