A tavola con… Enza Reina
Una donna simpatica, curiosa e vera
Mi sono imbattuta in questa ragazza un annetto fa su Twitter, per i suoi tweet molto ironici, poi ho scoperto che è di Torino e ad una serata di Indigeni Digitali l’ho conosciuta molto velocemente.
Ultimamente mi ha conquistata con i tweet del suo viaggio in Giappone e allora le ho chiesto l’intervista per Bigodino.
Lei è Enza Reina (La Rejna su Twitter), ha un passato da project manager nell’ambito di progetti europei, un’esperienza illuminante da un Artista lungimirante nella profonda provincia piemontese e un presente da community e content manager presso TamTamy
Vive pericolosamente tra Torino e Milano, spesso e volentieri a bordo della sua Ypsilon color rosa cipria :)
È seriamente web addicted e abbastanza entusiasta per vocazione, non potrebbe sopravvivere per lunghi periodi offline.
Ha mosso i suoi primi passi in Rete a suon di flame sui forum di kataweb e dal 2006 gestisce il suo blog personale La Rejna.
Appassionata di musica indie e arte contemporanea, si diverte un sacco a sperimentare nuove tecnologie, con qualche deriva all’acquisto compulsivo. Al posto di pagarsi un analista, non appena può cerca di organizzarsi un viaggio.
Sogni nel cassetto? Una gita su Marte insieme a Curiosity!
Insomma, un personaggio interessante, no? E adesso la conosciamo meglio intorno al tavolo, chissà cosa ci racconta!
Il tuo piatto preferito qual è? Perché?
Ho avuto una gran fortuna: posso vantare radici “profondamente” siciliane (quasi saracene direi) con cui ho mantenuto un legame molto forte, ma sono nata e ho trascorso la maggior parte della mia vita in Piemonte e in particolare a Torino.
Parliamo di due luoghi che offrono l’imbarazzo della scelta per la varietà degli ingredienti e delle loro cucine.
Se devo proprio fare una scelta, cosa difficilissima, devo dire che alla fine rimango attratta da tutto quello che può essere assimilabile alla pizza, alla focaccia, fino arrivare a farinate o piadine.
Forse perché, nel nostro paese, sono piatti che vengono declinati in modalità talmente diverse da diventare parte delle caratteristiche peculiari di una zona. Penso ai differenti tipi di pane regionale, a tutte le scuole di pensiero sulla pizza, ai differenti metodi di cottura della farina di ceci.
Se fossi uno chef che tipo di ristorante avresti?
Molto probabilmente non sarei uno chef anche se mi diverto a cucinare (ma di più a mangiare). Infatti mi dedico seriamente ai fornelli solo quando ritrovo le condizioni necessarie per poterlo fare bene: prima tra tutte il tempo necessario. Sono fermamente convinta che da quello che si mangia e da come lo si mangia si capiscono tantissime cose di noi e delle persone che ci stanno a fianco e personalmente, difficilmente mantengo rapporti con chi non mi piace avere come commensale.
Nel mio ristorante vorrei soprattutto che i miei ospiti trovassero le condizioni più adatte alla convivialità e al piacere della condivisione, non esclusivamente culinaria. Forse, esagerando un po’, lo arrederei solo con dei triclini.
Qual è l’odore del cibo che ti ricorda la tua infanzia? Dacci una motivazione.
Le crocchete di patate della mia mamma e le melanzane fritte. Ricordo le lunghissime estati trascorse nella vecchia casa del nonno in Sicilia, regno incontaminato dei miei giochi e delle mie esplorazioni. Mi svegliavo sentendo la mia mamma cantare e, da perfetta tradizione meridionale, già ai fornelli a spadellare.
Le crocchette (ma tutto ciò che è aggregabile in forma di polpetta) erano, e sono tutt’ora, nonostante l’età, il suo gran cavallo di battaglia.
Le melanzane, invece, che sfrigolano nell’olio sono invece un po’ il simbolo olfattivo di quel pezzo di Sicilia a cui sono tanto affezionata anche se purtroppo non ci vado più tanto spesso.
Se fossi uno snack cosa saresti? Per quale motivo?
Questa è facile: sarei un pacchetto di patatine. Non smetterei mai di mangiarle. Non mi interrogo sulla loro reale composizione, so solo che difficilmente potrei rinunciarci. Quindi, volendo proprio trovare un fil rouge con la mia personalità, ci vedo un po’ la mia tendenza a cercare di fare, per quanto possibile, quello che mi piace di più, fregandome, e pure sbagliando, delle possibili conseguenze.
Un bicchiere di birra, un pacchetto di patatine e puoi inventarti un aperitivo dovunque. E l’aperitivo, ripulito da tutte le sue possibili derive, è un momento in cui si lasciano da parte i fastidi della giornata, ci si rilassa e s’incomincia a conversare.
Quando il cibo è una coccola/comfort food, che cosa ti prepari o concedi?
Per quanto non sia “così” golosa di dolci ci sono dei momenti in cui la voglia di cioccolato si fa sentire tantissimo: per esempio a metà pomeriggio nel bel mezzo della giornata in ufficio. Se non c’è di meglio mi accontento di cose dozzinali (quello che si trova nelle macchinette automatiche purtroppo è quello che è) ma, se posso, una delle cose davvero ineguagliabili a merenda è una crema artigianale al cioccolato fatta in alcune pasticcerie storiche, qui a Torino.
Dato che siamo donne al passo con i tempi… un consiglio tecnologico? Cosa non deve mancare in una cucina di un’amante del cibo? (elettrodomestici, applicazioni, accessori vari..)
Con questa risposta ti deluderò, lo sento. Un oggetto immancabile quando cucino è il timer (LOL!). Mi distraggo facilmente, mi annoio subito e ho uno span di attenzione molto ridotto: potrei combinare danni ingenti dimenticandomi qualcosa sui fornelli, visto che nel mentre leggo, twitto e telefono.
E per finire per tutte le Bigogirl, hai un consiglio da dare per rimanere in forma o un trucchetto che usi dopo una grande mangiata?
Ahia. chi mi conosce di persona lo sa: sono la peggiore consigliera da questo punto di vista. Mangio molto, spesso mangio male e altrettanto spesso non mi limito con il junk food… ma non ingrasso.
Non faccio neppure sport, se è per questo. Per cui credo che volente o nolente, questa tendenza dipenda davvero dalla genetica e dalla costituzione. Se posso, però, cerco almeno di fare due passi dopo mangiato.