A tavola con… Gualtiero Marchesi
Arte, purezza, curiosità e passione per la ricerca del bello - che è anche buono - nella cucina di Gualtiero Marchesi
Oggi ospito la “collega” Ilaria della sezione Spettacolo qui in Cucina, per un’occasione speciale.
Ilaria ha avuto l’occasione di intervistare Gualtiero Marchesi, quindi non poteva non essere pubblicata in questa rubrica, vi lascio alle sue parole e alle sue emozioni. Buona lettura.
Quando ho avuto l’occasione di intervistare Gualtiero Marchesi al Dolcemente di Pisa non me la sono fatta scappare. Non essendo una giornalista enogastromica né una food blogger ero moderatamente agitata all’idea di incontrare il maestro degli chef: dalla mia avevo solo la passione amatoriale per la cucina, una deprecabile dipendenza per i cooking show e l’interesse per il food&design.
Come approcciarsi all’eccellenza della cucina in italiana fatta a persona? Maestro, ma il sale nell’acqua per la pasta quando bolle, prima o dopo? Dovrò alzare il tiro – pensavo.
Universo Marchesi
Durante la presentazione del master in design della ristorazione patrocinato dal maestro, scopro una persona affabile, semplice, dalla smisurata curiosità intellettuale e scevro dagli orpelli da “enciclopedia vivente della cucina italiana” che temevo.
Poi la presentazione diventa un Marchesi show in cui il maestro racconta un po’ di sè e del suo universo ma con la semplicità di una chiacchierata al bar, tra amici.
Ecco l’amore per l’arte che con le sue creazioni è entrata in cucina ed ha reso la cucina arte, racconta delle intuizioni che lo portano a creare piatti diventati icone come il raviolo aperto, il risotto con foglia d’oro, il dripping di pesce ispirato a Jackson Pollock, ecc…E poi la progettazione di utensili funzionali, come il cucchiaio apposta per il risotto, con la cura di un ingegnere nella progettazione e l’intuizione di un moderno Colombo di fronte all’uovo da stabilizzare.
Ispirazioni, filosofia, arte, Elio e le storie tese
Scopro che Marchesi tiene un quaderno, ormai quasi esaurito e consunto, dove da anni raccoglie tutte le citazioni che più lo colpiscono, di filosofi, letterati, cuochi e intellettuali. Mi chiedo quanta curiosità e genialità ha quest’uomo, capace di non prendersi troppo sul serio tanto da registrare con Elio e le storie tese la canzone d’attesa del suo ristorante Il Marchesino; una geniale cover di La Gagarella del Biffi Scala, canzone tradizionale milanese.
Gualtiero Marchesi, classe 1930, tiene banco per quasi quattro ore, il tutto con la baldanza di uno scolaro in gita. Quando arriva il momento dell’intervista, io sono già fiaccata, il maestro, come nuovo. Unica pausa che si concede è una coppetta di gelato artigianale di uno degli espositori, che degusta tra una domanda e l’altra. Alla coppetta seguirà un bis, ed anche un tris. Penso che se gli avessi chiesto il sale nell’acqua della pasta, il maestro mi avrebbe risposto.
Quanto è importante la ricerca del bello, anche come obiettivo della Fondazione Marchesi che mira ad insegnare ai giovani ad amare l’arte in tutte le sue forme, dalla cucina alla musica, alla pittura? Secondo lei oggi più che mai c’è necessità di andare alla ricerca del bello?
Tutto quello che andiamo scoprendo io lo comunico ed automaticamente faccio crescere anche altri, se prendo ad esempio la laurea honoris causa che mi hanno conferito recentemente (n.d.r. dall’Università di Parma) mi fa molto piacere perchè è un segnale che la figura del cuoco viene nobilitata, Paul Bocuse in Francia è stato il primo ad avere la legione d’onore, è un merito che poi è andato a tutta la categoria dei cuochi, ne sono stati insigniti altri. Sono uno che fa cose e quello che faccio indubbiamente può servire ad altri per andare avanti e sviluppare altre cose.
Lei dice che nella sua cucina l’estetica comprende già l’etica, c’è bellezza ma non può essere solo fine a se stessa. Ci parlava oggi della ricerca della semplicità della purezza, anche in cucina less is more?
L’estetica non è solo apparenza, come dico io il bello è anche buono, come dice mia figlia “il bello puro è il vero buono”.
La vera bellezza sta nella semplicità, una volta mi sono trovato davanti ad una montagna talmente bella sul lago di Iseo da lasciare senza parole, di una bellezza sconvolgente che mi ha ispirato un piatto (n.d.r. una tartare di carne) ma quello che dico alle persone è “sii curioso” ma curioso vuol dire porre domande, la curiosità deve produrti qualche cosa dentro. Le prime volte che lavoravo avevo un capo, alle sue indicazioni ponevo delle domande, quando non mi rispondeva gli dicevo “Allora non lo sai, io voglio sapere il perchè!” Ad esempio mi diceva “non va sbattuto troppo, mi hanno detto così”. Ma perchè non va sbattuto troppo? Perchè e fino a che punto? Se sei curioso devi porre delle domande.
Cosa pensa del fenomeno food blogger, gli appassionati di cucina che condividono la propria passione online in una sorta di “cucina collettiva”?
Può essere interessante se ci sono dei maestri, se c’è qualcuno che insegna qualcosa, se no fare per fare non serve a niente. Certo bisognerebbe imparare dai giapponesi (il Giappone ritorna nelle ispirazioni del maestro), come hanno fatto i miei nipoti che hanno fatto tutti la scuola di musica giapponese Suzuki. Loro dicono che prima impari a parlare, poi vai a scuola, cioè prima impari a suonare e poi impari la tecnica, così per la cucina si dovrebbe iniziare da piccoli e per imitazione, poi se quella è la propria strada lo si capirà.
Come vede l’evoluzione della cucina, guardando al futuro? Quale direzione vede, o auspica?
Beh mi auspico che si vada verso la semplicità, la cucina deve essere semplicità, deve arrivare alla materia: devi toccare il prodotto, viverlo, sceglierlo, devi andare al mercato per vedere come sono le cose, non in un supermercato dove tutto è già impacchettato. La cucina è fatta di esperienza e di curiosità, nel mio libro Il codice Marchesi ho scritto “quando lo sguardo si fa vista” perchè guardare e vedere sono due cose diverse, io vedo tanta gente che guarda, ma non vede. Cerco di insegnarlo anche ai miei ragazzi in cucina o in sala, bisogna insegnare a vedere, perchè guardare è facile.