Chiara Pellicano: design tra psicologia e comunicazione
L'obiettivo per la giovane designer perugina? Trovare soluzioni suscitando emozioni
Abbiamo scoperto Chiara Pellicano, perugina classe ’89, tra i designer di Formabilio. Chiara ha ultimato i suoi studi a Roma presso la Quasar Design University e ad oggi collabora con Gradosei, studio di design che opera nel settore del design di prodotto, comunicazione visiva e computer grafica con l’obiettivo di creare prodotti in grado di comunicare il valore estetico e funzionale della progettazione: raccontare una storia, descrivere un luogo, trasmettere un’emozione.
Guidata da passione, curiosità e dedizione, Chiara disegna pezzi che parlano da soli. Tuttavia, vogliamo saperne di più da lei…
Come vuoi presentarti ai nostri lettori?
Inizierei intanto con un grande saluto a tutti! Un saluto a chi segue le proprie passioni e a chi, con sfrenata curiosità, ne è alla ricerca!
Sono nata a Perugia, nel 1989. Parlo di “curiosità” perché per me è sempre stata il motore della mia vita. Osservo con passione tutto quello che mi circonda. Amo interagire con le persone perché reputo fondamentale arricchirsi di nuovi stimoli per crescere e confrontarsi. La sfrenata voglia di mettermi in gioco mi ha permesso di comprendere che le difficoltà non sono ostacoli ma opportunità. Questa continua sperimentazione mi ha sempre di più avvicinato al mondo del Design in maniera interdisciplinare. Subito aver terminato gli studi alla Quasar Design University mi sono lanciata nel mondo del lavoro anche là dove pensavo di non provare stimoli. Tante diverse ed entusiasmanti esperienze presso varie realtà di settore ma non solo, spaziando dal design all’ architettura, alla moda proseguendo con la grafica e approfondendo le mie conoscenze verso due ambiti a me molto cari e strettamente legati tra di loro: la “comunicazione” nel senso più ampio del termine e la “psicologia”. Questo magico connubio mi permette tutti giorni di avere un approccio al design del prodotto molto più ampio! Ad oggi collaboro con Gradosei, uno studio di Design avviato assieme ad altri amici e designers. Io avevo 22 anni quando nacque l’idea di Gradosei ed è stato un progetto in cui tutto il team ha creduto fin da subito. Tutti giovanissimi, non abbiamo esitato un istante e siamo partiti da zero.
Oggi Gradosei è passione, curiosità, ideazione e dedizione. Una realtà che nonostante le difficoltà ha fatto passi da gigante, per me è come una grande famiglia! Gradosei opera nel settore del design di prodotto, comunicazione visiva e computer grafica. Una realtà fresca e competitiva nel mondo del design. L’unione di questo team permette allo studio di muoversi con estrema rapidità, precisione ed originalità.
Quali sono i tuoi prodotti e quali credi siano i loro punti di forza?
Ci sono molti progetti che ho ideato e realizzato assieme allo studio: sono affezionata a tutti, come una madre con i suoi figli. Per me è unico ed emozionante vedere un’idea che nasce e cresce prendendo forma, continuando poi la sua strada nel mondo del mercato.
Mi viene in mente il tavolo “Dedalo”, progettato per Formabilio e diventato in poco tempo il best seller dell’azienda. “Dedalo” è un esempio, come tanti altri nostri prodotti: la madia “Clavio” e la libreria “Priscilla” sempre per Formabilio, o la famiglia di prodotti “APP”, disegnata per il nuovo design brand Offiseria, di cui siamo i direttori artistici, ciascuno di questi prodotti ha le sue caratteristiche e peculiarità.
Ci sono però alcuni punti di forza, nei nostri prodotti, per noi imprescindibili, come per esempio legare il prodotto ad una storia che si vuole raccontare tramite quel disegno, quelle forme e la scelta di quei materiali o colori perché fare design non è creare unicamente oggetti: fare design è trovare soluzioni suscitando emozioni, perché quel tavolo, quel divano o quel comodino verrà scelto per accompagnare le nostre vite, nelle nostre case… è come un amore a prima vista! Inoltre, non in secondo luogo ma fondamentali per noi sono la qualità e la longevità del prodotto, la ricerca e la scelta di materiali, sempre orgogliosi di collaborare con realtà manifatturiere completamente Made in Italy, perché siamo noi ed è la nostra storia.
Altro punto di forza dei nostri prodotti è l’essenzialità! Come diceva il grande Bruno Munari: “Complicare è facile, semplificare é difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare. Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere”.
A che target ti rivolgi?
Il target cambia ogni volta in base al progetto. Se siamo stati contattati da un’azienda per pensare ad un prodotto, il target a cui dobbiamo fare riferimento è sicuramente quello cui si rivolge l’azienda che ci ha commissionato il lavoro. Quello che sviluppiamo internamente allo studio è ogni giorno una scommessa. Tutto inizia da un’attenta analisi di quello che ci circonda e quindi delle esigenze di vari utenti e ci piace spaziare verso target differenti, è uno stimolo continuo. La progettazione deve andare a ritroso, la prima domanda da farsi quando si inizia a pensare ad un prodotto è: “A chi voglio rivolgermi?” e “Come posso stupirlo?”. Il designer deve conoscere e capire a fondo gli utenti per cui vuole progettare, come una sorta di psicologo. Un’idea nasce dalla ricerca di qualcosa, portando con sé un messaggio da esprimere, ed è importante conoscere le esigenze del pubblico, per poi svilupparla, realizzarla e riuscire a comunicarla nel modo adeguato. La complessità sta proprio nel far arrivare questo messaggio a destinazione, un messaggio che non sia autoreferenziale ma orientato ad emozionare e soddisfare una determinata clientela! Solitamente non ci rivolgiamo alla massa, è impossibile iniziare a pensare ad un prodotto pensando di indirizzarlo a tutti ma, come direbbe il guru della comunicazione Seth Godin, bisogna rivolgersi ai cosiddetti “Otaku”, ovvero a coloro che sono fortemente appassionati di qualcosa e quindi sono curiosi ed entusiasti di conoscere nuove idee, sono anche dei critici molto severi ma se soddisfatti del prodotto che hai realizzato per loro, faranno girare l’idea ai molti senza esitazione. Ciascuno di noi, anche solo in parte, è un “Otaku”! Ecco, a loro ci rivogliamo, a chi ha passione!
Parlaci dei materiali e delle lavorazioni che prediligi.
Amo i materiali naturali come i legni e i marmi perché così complessi e “robusti” ma allo stesso tempo incredibilmente eleganti, puliti e lineari. Sono materiali industriali ma portano ancora con sé una incredibile storia del lavorato artigianale che affonda le sue radici nell’antichità. Ancora mi sorprendo nel vedere cosa si può creare da una tavola di legno o da un blocco di marmo e per fortuna abbiamo in Italia ancora molti maestri artigiani che ce lo ricordano!
La lavorazione che prediligo è la tornitura, una tra le più antiche lavorazioni ma tuttora in auge perché ampliata, sviluppata e diversificata per tipologia di materiale utilizzato e per tipologia di risultato che si vuole ottenere.
Ma la mia curiosità volge il suo sguardo anche verso la continua ricerca di nuovi materiali e nuove tecnologie che permettono di arrivare là dove sarebbe impossibile arrivare!
Come definiresti il tuo stile di design?
Essenziale nell’estetica e nella funzione, dove nulla è scelto a caso ma tutto ha motivo di esistere e coesistere assieme! E aggiungerei anche… uno stile che non ama prendersi troppo sul serio! :)
Da dove prendi ispirazione?
Prendo ispirazione ogni giorno da quello che mi circonda, dalle persone con le quali interagisco. Una conversazione, un problema condiviso, una forma particolare… tutto è ispirazione se si sa osservare!
Come descriveresti il tuo lavoro?
Dinamico, stimolante e di condivisione, Allena quotidianamente la mia sfera emotiva e quella razionale. Dietro a un progetto c’è sentimento ma anche tanto sudore e duro lavoro tecnico.
La parte dell’essere designer che ti piace di più.
L’enorme apertura mentale che comporta, perché per “creare” bisogna prima conoscere, imparare e sapersi mettere in discussione.