Design anni '90, ovvero i classici dell'epoca pre-Ikea
Una selezione di prodotti di design che hanno segnato la decade
Chiudete gli occhi per un istante e provate a pensare: com’erano gli anni Novanta?
Se non vi viene in mente niente, non è (solo?) perché, buon per voi, siete nate in quegli anni, dopo o poco prima. No, il fatto è che a pensarci, almeno dal punto di vista estetico, gli anni ’90 non hanno lasciato gran segno di sé, e rispetto ai decenni precedenti, che di identità ne hanno da vendere, sembrano in effetti una decade un po’ incolore.
Il boom del design low cost di Ikea e dintorni che è scoppiato in seguito e dell’Internet delle cose con cui se vuoi fai shopping la mattina a colazione hanno sicuramente cambiato il paradigma del design e di come viene proposto e fruito.
D’altronde, per la sottoscritta, gli anni Novanta erano gli anni del liceo e i primi anni dell’Università: non stavo mettendo su casa e non avevo soldi da spendere in acquisti compulsivi mattutini, anche se avessi avuto Internet a casa. Il “design” era un mondo fatto di prodotti iconici e oggetti del desiderio, spesso da guardare ma non toccare. E alcuni sono certamente passati alla storia.
Per esempio Juicy Salif, lo spremiagrumi disegnato da Philippe Starck nel 1990 per Alessi.
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La Rose Chair disegnata da Masanori Umeda per Edra nel 1990 è invece la celebre seduta a forma di rosa.
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La libreria Bookworm, disegnata da Ron Arad per Kartell nel 1993 era tanto semplice quanto innovativa.
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Nel 1994 arriva anche il cavatappi Anna G, noto best seller di Alessi.
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La molla di plastica è sicuramente uno dei giochi indimenticabili per chi era bambino negli Anni 90.
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Nella collezione disegnata da Enrico Baleri e Denis Santachiara tra il 1995 e il 1997 per Baleri Italia le sedute Tato, Tatino e Tatone sono forme frizzanti ed estrose.
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Messaggi affettuosi scritti su pezzi di carta, appesi apparentemente senza ordine in modo da far passare la luce: è l’idea che sta dietro a Zettel’z 6, la lampada creata nel 1998 da Ingo Maurer e che pensavo che avrei avuto nella mia casa “da grande”.
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Bè, per fortuna i gusti cambiano.