Il design ecologicamente sostenibile di Maddalena Vantaggi
“La creatività è un’arma potente che va maneggiata con cura.”
Product design, arti visive e artigianato: dall’esplorazione delle interferenze – o forse, bisognerebbe dire – delle sovrapposizioni – tra questi tre elementi nasce l’ispirazione di Maddalena Vantaggi, una vita dedicata alla creatività, dalla laurea in Product Design a Firenze attraverso la specialistica in Arti Visive a Venezia fino alla specializzazione in Design Locale e Sostenibile all’ESAV di Marrakech.
Oggi Maddalena è free lance con sede nello spazio di coworking OVO di Gubbio (PG), nonché docente di Product Design al NID – Nuovo Istituto di Designer di Perugia, e ha all’attivo progetti di surface design, shared design, riuso, design per l’infanzia, arte pubblica e design eugubino (ovvero di Gubbio). D’altronde, un pozzo di idee è quel che ci si aspetta da chi si presenta così:
Ciao Maddalena, ci spieghi di cosa ti sei occupata sinora?
La mia attività è molto varia ma essenzialmente legata al “mondo del progetto”. Lavoro quindi come product designer e artista visiva, esplorando le contaminazioni tra product design, artigianato e arte. Cerco di realizzare progetti che, oltre alla funzione, tentino di soddisfare i bisogni emotivi nascosti nella banalità del quotidiano; e mirano quindi alla sostenibilità culturale e sociale. Nell’ambito del design strettamente industriale, ad esempio, da qualche anno lavoro per il brand Nuvita ad una linea di prodotti per l’infanzia. Nell’ambito dell’artigianato, dopo aver fatto esperienze all’estero, in Brasile e in Marocco in particolare, sto collaboro con gli artigiani eugubini con l’obiettivo di conservare i “saperi artigianali” locali attraverso la cultura del design. Nell’ambito più strettamente artistico, oltre che di video e comunicazione, mi occupo di arte pubblica e arte utile, con progetti legati alle potenzialità del linguaggio artistico come strumento di indagine e di riflessione sociale; uno tra i mie progetti più conosciuti è Rifiuto Con Affetto, realizzato con il collettivo Publink del quale sono fondatrice insieme a Roberta Bruzzechesse e Maria Zanchi. Infine mi occupo di didattica e sono insegnante di design e arti visive presso istituti privati.
Adesso cosa impegna le tue giornate?
Passo la maggior parte delle mie giornate allo studio OVO (“uovo” in eugubino: l’uovo è il collante in tutte le ricette, una forma perfetta, dove “nascono idee”) spazio di coworking che condivido con altri due colleghi, dove vivo la mia “vita a Tetris” per fare una citazione anni ‘80. Per portare avanti ogni giorno tutti i progetti contemporaneamente, devo suddividere il mio tempo che “gioco a incastrare”… Mi ritengo quindi fortunata ad essere così “occupata” in una Italia di “disoccupati”; ma penso anche che questa “fortuna” l’ho anche un po’ aiutata, ponendomi degli obiettivi che con fatica ma soddisfazione sono riuscita a raggiungere, almeno fino ad oggi.
Cosa intendi con il tuo progettare in maniera ecoLOGICAMENTE sostenibile?
La sostenibilità non è un concetto legato solo all’ambiente. È sostenibile tutto ciò che non implica danni irreversibili nel futuro; e quindi è sostenibile anche un’idea, un discorso, un fatto. E il design oggi non deve puntare a essere sostenibile solo nei materiali, ma anche nella logica di consumo e di utilizzo. Un progetto ad esempio può essere sostenibile dal punto di vista materico perché è stato realizzato con materiale di recupero; ma nel suo utilizzo può innescare atteggiamenti non sostenibili dal punti di vista sociale o culturale. Quindi l’ecologia è un concetto che interessa non solo la fase di produzione e dismissione dell’oggetto/progetto; ma va esteso alle conseguenze legate al suo utilizzo dal punto di vista sociale e culturale.
La parte dell’essere designer che ti piace di più?
Il momento in cui prendi la matita e l’appoggi sul foglio ancora bianco; e sai che stai per dare vita a qualcosa che ancora non esiste. E poi, ovviamente, vedere i miei oggetti in mano alle persone. Ti dà la percezione di poter migliorare, anche solo dal punto di vista estetico, la loro quotidianità. Certo, magari questa idea può apparire egocentrica, ma se tutti i designer ne tenessero conto, magari prenderebbero il lavoro con maggiore responsabilità. Io dico sempre che la creatività è un’arma potente che va maneggiata con cura.
Chi è la creativa / il creativo che ammiri di più e perché?
Sicuramente Bruno Munari, per la sua grande trasversalità e capacità di utilizzate in maniera innovativa e coerente tutti i mezzi di comunicazione ed espressione; e per le sue teorie riguardo la “serietà del gioco”; e l’importanza di un approccio verso la realtà privo di preconcetti, per amplificare la capacità di essere tolleranti e creativi.
Che consiglio vorresti dare a chi volesse avvicinarsi a questo mestiere?
Per fare questo mestiere, bisogna capire “cosa” e “come” progettare. E per capirlo bisogna “ascoltare” prima di tutto sé stessi, e comprendere le potenzialità su cui puntare. Poi bisogna osservare attentamente la realtà che ci circonda per trovare dove il nostro lavoro è non solo utile, ma indispensabile. Allora si è le persone giuste al momento giusto; e si innescano una serie di processi che se seguiti con pazienza e dedizione, possono permetterti di svolgere questa affascinante professione.