Omofobia e razzismo: quanto ancora c'è da dire?
Da Milano a Firenze l'ultimo week end s'è parlato di diritti ed uguaglianza nelle piazze, fuori dalla stanze del potere
Quanto bisogno ancora c’è di manifestare in piazza contro il razzismo e l’omofobia? Se guardiamo al weekend appena concluso, eventi pubblici come il doppio flashmob di Milano contro l’omofobia e la legge Scalfarotto e la Deejay Ten di Firenze che ha abbracciato la provocazione #siamotuttiscimmie fanno riflettere. Il 17 maggio è stata la giornata mondiale contro l’omofobia, a Milano un flashmob sotterraneo dal titolo: “L’omofobia è al capolinea” organizzato in metropolitana da esponenti del mondo Lgbt milanese ha chiesto alla politica di fare qualcosa di concreto per tutelare i diritti dei gay e transgender. Un altro flashmob, questo in superficie, organizzato da le ‘Sentinelle in piedi’, un gruppo di attivisti che manifestava contro il progetto di legge Scalfarotto, mirato a contrastare l’omofobia ma considerato discriminatorio per il diritto d’opinione e libertà di pensiero (punirebbe chi semplicemente non approva il matrimonio e l’adozione per persone dello stesso sesso). Spostandoci a Firenze ieri sono comparse delle banane podiste tra i corridori della Deejay Ten, la maratona non competitiva organizzata tutti gli anni da Radio Deejay sotto la reggenza del patròn Linus, da anni appassionato di corsa e colpevole di proselitismo all’interno della radio e tra gli ascoltatori. Proprio il Trio Medusa è stato tra i primi sostenitori della protesta anti-razzista di #siamotuttiscimmie, sorta dopo il gesto di Dani Alves di mangiare una banana lanciata sul campo di calcio con intento discriminatorio.
Siamo la società multietnica, progressista e libertaria che crediamo, pensando anche al confronto con altri paesi dell’Europa o è solo una bella cartolina che avvicinata agli occhi mostra crepe e difetti?