Nella testa "di quello lì"
La gente non sa cosa vuole, figuriamoci io...
Zia è da tempo che ha deciso di immergersi nella geek-letteratura approposito di Steve Jobs, ben prima della sua morte…ed avevo iniziato a leggere pseudo biografie non autorizzate molto più divertenti di quella “autorizzata”, che sto leggendo ora, che mi hanno aperto un piccolo mondo mentale su di un uomo, di suo, geniale, avveneristico, visionario, precursore, elitario, coinvolgente, appassionato, dispotico, cinico, tirchio, falso all’occorrenza, senza scrupoli tanto da passare sulla pelle degli amici, paranoico nei confronti della segretezza, grande intimidatore, ladro d’idee altrui, ossessionato dal controllo e soprattutto uno che non aveva fatto bene i conti con il destino…
Chiaro così che, giunta a questa terza precipua lettura (esclusa la biografia ufficiale con la quale saremmo già a 4 letture verticali sul tema), con “Nella testa di Steve Jobs” di Leander Kahney, la #Big@Zia, si focalizza sempre di più nella versione di lettura interpretativa di un egomaniaco e autentico socipatico dove il papà dell’Apple alterna comportamenti tirannici ad un perfezionismo incessante, il tutto affiancato ad una reale capacità di cambiamento ed innovazione, dando inizio a un Rinascimento del design industriale, fondendo concetti di stile, marchio e moda con l’alta tecnologia ed il marketing allo stato puro, cominciando dall’inizio, con una considerazione terra-terra “i prodotti fanno schifo! Non sono per niente attraenti!”.
I dictat da seguire con lo psicolabile de noiantri erano pochi e chiari:
1) le persone creative devono essere poche e agli altri tocca poi il compito di portare a termine il lavoro; un elitismo allo stato brado: assumere solo i numeri uno e licenziare gli incompetenti…
2) o si è con me o si deve far parte del mio team; il suo successo è dipeso in gran parte dalla capacità di convincere persone straordinarie a fare straordinari lavori per Lui…
3) tutto quanto deve avere una ragione; un elitista convinto che un piccolo team d’eccellenza sia molto più efficace di schiere d’ingegneri e designer;
4) dovete essere “stevizzati” ed essere rapidi nel problem solving;
5) se vi mettere continuamente in gioco, allora potete ancora dirvi artisti;
6) occorre sempre concentrazione e semplicità;
7) leadership nel campo del colore / lifestyle / one more thing;
8) focalizzare significa dire NO;
9) bisogna concentrarsi sulle proprie competenze;
10) ci deve essere un solo uomo al comando perchè c’è del metodo nella sua follia e per la verità Steve Jobs non rappresenta un modello per nessun manager, a parte quelli sociopatici…
“Nell’arte come nella tecnologia, la creatività ha a che fare con l’espressione individuale. Steve Jobs non si serve dei gruppi di discussione, proprio come un artista non ci si affiderebbe per dipingere un quadro. Non può innovare chiedendo ad un campione di utenti che cosa vorrebbe: la gente non sa quello che vuole. Come ebbe a dire una volta Henry Ford, se avessi chiesto ai miei clienti che cosa volevano, mi avrebbero risposto: -Un Cavallo più Veloce“.
Il più delle volte la gente non sa quello che vuole finchè non glielo si mostra…
…e così, pagina dopo pagina, di un libro piacevole, mentre sorseggio il caffè alle 7h30 di ogni mattina, per circa una settimana, metto a fuoco che per risolvere un problema, nel “design invisibile” dell’ Uomo Dettaglio, prima si creano tutte le possibili soluzioni e poi si verifica se, tra esse, ce n’è una applicabile.
I prodotti della Apple rivelano e rilevano quelle piccole attenzioni che sono più caratteristiche di un abito di sartoria o di una ceramica fatta a mano, che non di beni di consumo sfornati da una iper-sfruttata fabbrica asiatica, questo perchè la progettazione di un prodotto trae la sua ispirazione da una profonda conoscenza dei materiali in quanto Jobs era interessato al futuro con un sistema di produzione industriale “just in time” poichè non conta avere un assortimento più ampio, quanto avere quello giusto poichè la Necessità è la Madre dell’Invenzione!
E in tutta onestà Lui, Steve Jobs, non aspirava a niente di meno dell’eccellenza in ogni settore dell’azienda, lavorando fino a 90 ore alla settimana.
#RIP