A processo un trentenne albanese accusato di maltrattamenti in famiglia, lesioni e sequestro di persona. La giovane moglie non poteva avere neppure il telefono
Un albanese di 30 anni e residente ad Ivrea, è finito a processo per maltrattamenti in famiglia, lesioni e sequestro di persona. L’uomo avrebbe picchiato la moglie di 18 anni, anche lei albanese, fino a fargli perdere i sensi. Sembra che l’uomo l’avesse anche segregata in casa e che la giovane non potesse uscire.
In un paio di occasioni l’uomo, l’avrebbe anche costretta ad abortire perchè non voleva figli. Nei giorni scorsi c’è stata la prima udienza del processo a carico del trentenne e, come ricostruito dai quotidiani locali, in aula hanno testimoniato alcuni parenti della giovane vittima. Da quanto emerso, la coppia albanese era arrivata in Italia nel 2014 e ben presto per lei è iniziato un incubo. L’uomo non voleva che la moglie avesse contatti con altre persone e addirittura le aveva proibito l’uso del cellulare. La ragazza, per chiamare i suoi familiari, era costretta a rivolgersi a una vicina di casa. La ragazza ha denunciato il marito dopo che lui l’ha picchiata con talmente tanta violenza da farla svenire. Rimasta incinta, la donna è stata costretta ad abortire perchè l’uomo non voleva bambini, così lei, una volta finita in un consultorio, la dottoressa che la visitò si accorse che era piena di lividi.
Altri testimoni hanno riferito che al telefono la ragazza sembrava preoccupata e raccontava sempre poco della vita che conduceva.
Una vicina di casa ha anche detto di aver notato che la giovane tendeva a coprire i lividi sul volto con i capelli per non mostrare che era stata picchiata.
La denuncia nei confronti del trentenne è scattata nell’aprile del 2016: dopo una violenta discussione, lui l’avrebbe picchiata in modo così brutale da farla svenire.
A quel punto lei ha trovato la forza di chiamare la polizia e di denunciare quanto stava sopportando.
Da quel momento la giovane è stata allontanata dall’imputato.