Malata di perfezionismo: cosa vuol dire e cosa fare
Quando hai oltrepassato quella sottilissima linea di confine...
Da quando in qua volere il massimo da se stesse sarebbe un male? Perché cercare di dare il meglio, di vivere con obiettivi da raggiungere potrebbe essere frutto di problemi? In realtà, come al solito, dipende sempre da come si affrontano e si vivono le varie situazioni e condizioni della vita: ben venga cercare il meglio di noi e ben venga porsi dei traguardi da inseguire per dare un vero senso alla nostra vita e una strada netta da seguire, ma se tutto questo inizia con il diventare una fonte di nervosismo e di disturbo personale, ecco che allora qualcosa non va, un campanello dovrebbe accendersi nella testa e bisognerebbe essere capaci di fermarsi, per guardarsi un attimo e capire se, forse, non stiamo perdendo in controllo.
Sì, è proprio così: infatti il continuo perseguire obiettivi cercando la perfezione può diventare un vero disturbo patologico, fonte di nervosismo e di vero esaurimento.
In cosa consiste il perfezionismo?
Con perfezionismo si intende l’abitudine a domandare a se stessi e (molto sovente) anche agli altri performance di qualità più alta rispetto al normale: è sostanzialmente un comportamento al limite, non per forza di cose problematico, ma sicuramente a rischio, dato che l’aspetto negativo subentra nel momento in cui gli obiettivi che si riescono a ottenere non saziano l’ansia da prestazione, finendo per annullare ciò che di bello si è ottenuto.
Essendo quindi un vero problema fonte di disturbo, si distingue il perfezionismo sano da quello malato, definendo il primo come una sorta di salutare voglia di eccellere e il secondo come una condizione di perenne insoddisfazione che obbliga l’individuo a dare sempre il massimo convinto di non ottenerlo mai.
Le caratteristiche del perfezionismo patologico
Aspettarsi da se stessi e dagli altri sempre e solo prestazioni di livello altissimo per raggiungere traguardi molto probabilmente non reali, pensare che per guadagnarsi la stima e l’amicizia delle persone occorra compiere sempre sforzi eccessivi, avere costantemente la paura di fallire, vivere gli errori che normalmente si compiono nella vita come grandi fallimenti senza distinzioni, valutare la propria condotta in modo eccessivamente severo, avere paura di deludere gli altri, essere troppo critici con se stessi, avere una bassa autostima e pensare costantemente al concetto del “tutto o niente” a livello personale e di conseguenza in famiglia, con l’amore, tra gli amici, a scuola e a lavoro… ecco, tutto questo significa perfezionismo patologico e tutto questo è sintomo che qualcosa non va davvero.
Quali sono le conseguenze del perfezionismo negativo
Molto spesso le persone colpite dal disturbo del perfezionismo negativo sono in linea di massima persone di successo, che rivestono nella loro vita ruoli importanti e di responsabilità; tutto farebbe quindi pensare che siano persone soddisfatte e felici.
Non bisogna infatti pensare che i soggetti affetti da questa patologia siano persone inconcludenti a causa dei loro traguardi troppo alti che per un motivo o per l’altro finiscono per non raggiungere mai, tutt’altro! I soggetti interessati dal perfezionismo patologico sono per loro natura sottoposti troppo spesso a condizioni di stress elevatissimo ed è per questo che tendono a sviluppare disturbi d’ansia o d’umore, depressione e/o manifestazioni di rabbia.
Questa patologia nei casi più gravi può inoltre generare disturbi psicosomatici, come mal di testa, dolori addominali, stanchezza cronica, tensione muscolare e disturbi alimentari. Il perfezionista patologico vive queste situazioni perché si nega la possibilità di riposarsi e di rilassarsi, svagandosi e prendendo una pausa dalle sue prestazioni continue.
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A che età si può manifestare il perfezionismo patologico?
Solitamente questa patologia si sviluppa un po’ prima dell’età adulta e può essere favorita da peculiarità caratteriali, dal tipo di educazione ricevuta, ma anche dagli stimoli provenienti dalla società moderna che possono purtroppo incidere in maniera significativa sullo sviluppo di tale disturbo nelle persone ovviamente predisposte.
Oggi infatti i canoni di bellezza e di successo che ci presenta il pensiero comune della società ci obbligano a confrontarci con modelli concretamente irraggiungibili da tutti, soprattutto se si pensa che anche le persone di maggior successo sono comunque pur sempre persone e come tali avranno senza alcun dubbio difetti, debolezze e insicurezze di vario genere. Peccato che questo aspetto non venga mai sottolineato ma completamente bypassato.
Si può in qualche modo prevenire questa patologia?
Non è facile individuare tempestivamente il perfezionismo patologico perché in realtà parte da un concetto e da un comportamento buono che a un certo punto oltrepassano una sottilissima linea di confine diventando patologia. È importante individuare il livello del proprio perfezionismo, annullare da subito l’idea non corretta del “tutto o niente”, sostituire traguardi irrealistici con altri più facilmente raggiungibili, non vivere gli errori come fallimenti, ma imparare a vederli come possibilità di crescita e miglioramento e auto-educarsi ad essere soddisfatti per i risultati raggiunti.
A dirsi è facile… il difficile è capire come riuscire a correggersi e controllarsi. Fondamentalmente occorre fermarsi per comprendere che qualcosa non va, analizzarsi più profondamente possibile eventualmente chiedendo anche un aiuto professionale esterno che male non fa mai e poi cercare di trovare le cause che spingono a livelli di perfezionismo cosi alti per poi provare a riprendere nuovamente il controllo di se.
Un buon atteggiamento è quello di accettare di essere imperfetti vedendo la perfezione come una condizione statica, fredda e che blocca qualsiasi altro traguardo: i miglioramenti costanti, nati da ciò che di fatto non è perfetto sono il sale della vita.
Bisognerebbe poi accettare il fatto che a volte si possa perdere il controllo, non si può controllare tutto e forse non si deve nemmeno farlo altrimenti non c’è più divertimento e svanisce la voglia del nuovo perché di nuovo finisce per non esserci più nulla.
E da ultimo bisognerebbe non avere mai la paura di fallire, una paura sorda e cattiva che impedisce troppo spesso di mettersi in discussione, di superare i propri limiti terrorizzati dal poter fallire, ma anche in questo caso finirebbe lo scopo della vita stessa che di fatto è un perenne tentativo di migliorarsi facendo cose nuove. Occorre provare, mettersi in gioco, creare e distruggere, correggere e migliorare passando orgogliosi anche attraverso i proprio sbagli che fanno crescere sempre.
Ops… forse pensi di avere questa patologia? Ecco cosa puoi fare nell’immediato…
Prova a:
– immaginare a quante cose belle e nuove potresti fare nel tempo che normalmente trascorri a ricercare la perfezione anche dove in fondo non è necessaria
– costruirti una scaletta di priorità tra tutte le cose che fai, qualcosa dovrà pur non stare al primo posto…
– spezzare la tua monotonia di comportamento: sei sempre impegnato, lavori sempre, STACCA LA SPINA, obbligati a farlo, d’altronde le tue alte prestazioni non ti possono impedire di concretizzare anche questo comportamento e vedi come va
– fare piccoli errori di tua iniziativa, fallo dove sai che non sarà un comportamento dannoso, vedi anche in questo caso cosa succede, e poi prova a riflettere su tutto quello che di nuovo hai vissuto, su come hanno reagito gli altri e su come potrebbe essere una vita più serena.